Quinto anniversario della morte di Craxi

Edoardo Pacelli - Rio de Janeiro 19 gennaio 2005

Ricorre oggi il quinto anniversario della morte di Bettino Craxi, corrotto da vivo e esule da morto. Per ricordare questo grande uomo politico, vigliaccamente e disumanamente perseguitato in Italia e in Tunisia, ITALIAMIGA ripubblica l'intervista da lui rilasciata due mesi prima di lasciarci.

Bettino Craxi ad HammametVivo in Tunisia in una posizione assolutamente legale ed internazionalmente riconosciuta da Stati sovrani. Sono sotto la protezione di esplicite norme del Trattato italo-tunisino. E quindi la mia condizione puo’ essere definita a pieno titolo come di esule politico. Tutti sanno dove sono, dove vivo, dove sono reperibile. Non sono in nessun caso né un latitante né un fuggiasco. Chiunque in Italia continua a trattarmi e definirmi come tale per ragioni di comodo o di demagogia piazzaiola parla semplicemente al di fuori dei testi di legge e dichiara deliberatamente il falso. Sono in Tunisia ormai da cinque anni. Contro di me in Italia si sono svolte inchieste, sono stati adottati provvedimenti penali, si sono svolti processi, appelli, cassazioni. Nessun magistrato mai, in nessuna occasione, pur potendo perfettamente farlo per legge, e nonostante specifiche e ripetute richieste della mia difesa in sede processuale, non sorgendo nessun ostacolo da parte mia che al contrario ero interessato a ciò che dovevo dire, ha sentito mai il dovere di interrogarmi, di pormi domande, di chiedere informazioni e chiarimenti ricorrendo alle procedure internazionali previste dalla legge italiana. Si e’ proceduto invece contro di me punto e basta, ignorando la mia esistenza, cancellando la mia persona che e’ sempre stata invece, nelle condizioni date, a disposizione della giustizia del suo paese. Nel corso di questi anni, ripetutamente sono stato inseguito in momenti diversi da problemi vari di salute. Nessuno si e’ mai occupato di questo. Nessuno si e’ informato direttamente di quali fossero le mie reali condizioni. Ho ricevuto visite di Capi di stato, di personalità politiche di rilievo mondiale, di autorità scientifiche, religiose, culturali. Non ho mai ricevuto, neppure entro i limiti della più stretta e riservata formalità, la visita di un ambasciatore rappresentante della Repubblica italiana o di un suo incaricato per controllare quale fosse il mio stato reale di salute. Nessuno mai ha disposto una perizia medica, anche quando venivo sottoposto a numerosi interventi chirurgici non privi di rischio in anestesia generale. Nessuno ha disposto perizie mediche in nessuna occasione anche quando corsi il rischio della amputazione integrale di una gamba. Anzi il mattino stesso in cui i chirurghi intervennero sull’arto con un intervento chirurgico delicatissimo che fu di parziale amputazione, mi veniva consegnato da Milano un mandato di cattura per pericolo di fuga. La mia malattia era stata, del resto, pubblicamente derisa in un’aula di giustizia italiana. Io, già amministratore del Comune di Milano, già deputato della Repubblica, già Presidente del Consiglio, già Presidente della Comunità Europea, già rappresentante personale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per missioni di pace nel mondo, sono stato trattato dalla giustizia italiana, meglio, da clans della giustizia italiana e dai vari loro sostenitori che dilagavano nell’informazione e, ben s’intende, altrove, come uno dei peggiori criminali del mondo. In queste condizioni mi riesce ormai molto difficile anche dopo le recenti iniziative giudiziarie che si raccomandano per la loro irragionevole negatività, riflettere in termini diversi che non siano quelli di ricorrere ovunque possibile sul piano internazionale, per ottenere il rispetto dei miei diritti, e la giustizia che mi viene sistematicamente rifiutata nel mio paese.

Hammamet, 17.11.1999  (Bettino Craxi moriva, esule e solo, due mesi più tardi. E.P.)