Ricorre oggi il quinto anniversario della morte di Bettino Craxi, corrotto da vivo e esule da morto. Per ricordare questo grande uomo politico, vigliaccamente e disumanamente perseguitato in Italia e in Tunisia, ITALIAMIGA ripubblica l'intervista da lui rilasciata due mesi prima di lasciarci.
Vivo in Tunisia in una posizione assolutamente legale ed
internazionalmente riconosciuta da Stati sovrani. Sono sotto la protezione di
esplicite norme del Trattato italo-tunisino. E quindi la mia condizione puo’
essere definita a pieno titolo come di esule politico. Tutti sanno dove sono,
dove vivo, dove sono reperibile. Non sono in nessun caso né un latitante né un
fuggiasco. Chiunque in Italia continua a trattarmi e definirmi come tale per
ragioni di comodo o di demagogia piazzaiola parla semplicemente al di fuori dei
testi di legge e dichiara deliberatamente il falso. Sono in Tunisia ormai da
cinque anni. Contro di me in Italia si sono svolte inchieste, sono stati
adottati provvedimenti penali, si sono svolti processi, appelli, cassazioni.
Nessun magistrato mai, in nessuna occasione, pur potendo perfettamente farlo per
legge, e nonostante specifiche e ripetute richieste della mia difesa in sede
processuale, non sorgendo nessun ostacolo da parte mia che al contrario ero
interessato a ciò che dovevo dire, ha sentito mai il dovere di interrogarmi, di
pormi domande, di chiedere informazioni e chiarimenti ricorrendo alle procedure
internazionali previste dalla legge italiana. Si e’ proceduto invece contro di
me punto e basta, ignorando la mia esistenza, cancellando la mia persona che e’
sempre stata invece, nelle condizioni date, a disposizione della giustizia del
suo paese. Nel corso di questi anni, ripetutamente sono stato inseguito in
momenti diversi da problemi vari di salute. Nessuno si e’ mai occupato di questo.
Nessuno si e’ informato direttamente di quali fossero le mie reali condizioni.
Ho ricevuto visite di Capi di stato, di personalità politiche di rilievo
mondiale, di autorità scientifiche, religiose, culturali. Non ho mai ricevuto,
neppure entro i limiti della più stretta e riservata formalità, la visita di un
ambasciatore rappresentante della Repubblica italiana o di un suo incaricato per
controllare quale fosse il mio stato reale di salute. Nessuno mai ha disposto
una perizia medica, anche quando venivo sottoposto a numerosi interventi
chirurgici non privi di rischio in anestesia generale. Nessuno ha disposto
perizie mediche in nessuna occasione anche quando corsi il rischio della
amputazione integrale di una gamba. Anzi il mattino stesso in cui i chirurghi
intervennero sull’arto con un intervento chirurgico delicatissimo che fu di
parziale amputazione, mi veniva consegnato da Milano un mandato di cattura per
pericolo di fuga. La mia malattia era stata, del resto, pubblicamente derisa in
un’aula di giustizia italiana. Io, già amministratore del Comune di Milano, già
deputato della Repubblica, già Presidente del Consiglio, già Presidente della
Comunità Europea, già rappresentante personale del Segretario Generale delle
Nazioni Unite per missioni di pace nel mondo, sono stato trattato dalla
giustizia italiana, meglio, da clans della giustizia italiana e dai vari loro
sostenitori che dilagavano nell’informazione e, ben s’intende, altrove, come uno
dei peggiori criminali del mondo. In queste condizioni mi riesce ormai molto
difficile anche dopo le recenti iniziative giudiziarie che si raccomandano per
la loro irragionevole negatività, riflettere in termini diversi che non siano
quelli di ricorrere ovunque possibile sul piano internazionale, per ottenere il
rispetto dei miei diritti, e la giustizia che mi viene sistematicamente
rifiutata nel mio paese.
Hammamet, 17.11.1999 (Bettino Craxi moriva, esule e solo, due mesi più tardi. E.P.)