Affermare la verità storica non significa solo dire ciò che è stato, denunciare il golpe politico – giudiziario che ha partorito l’attuale sistema, ma significa, soprattutto, agire concretamente, per cambiarlo, in profondità. Significa mettere, nell’oggetto del movimento 3 scopi sociali:
La legge elettorale Con l’attuale legge elettorale il sistema è più instabile, negli ultimi 10 anni sono cambiati 6 governi e anche l’ultimo ci sembra in bilico, circa 500 parlamentari hanno cambiato, nel corso delle legislature, partito e/o schieramenti nei quali erano stati eletti, il numero dei partiti si è quadruplicato, gli schieramenti si dividono sulla base di odi ideologici o di false pregiudiziali morali e non sulle opportunità di sviluppo del Paese, il Parlamento Italiano non è più eletto dai cittadini ma “nominato” per almeno il 90% dei membri (attraverso preventiva collocazione dei candidati nei cosiddetti collegi sicuri) da ristrette oligarchie che subiscono la decisiva pressione di lobby economiche, finanziarie e giudiziarie. Un disastro, un’anomalia tutta italiana, una vera e propria emergenza democratica. Un sistema proporzionale con sbarramento qualificato (alto) ridurrebbe a 4 o 5 il numero dei partiti, corrispondenti ai nostri filoni politico culturali storici: la destra sociale e/o populista, il centro moderato, l’area laica e riformista, la sinistra antagonista e massimalista. Un sistema siffatto permetterebbe agli italiani di non unirsi e dividersi più pro e contro Berlusconi, pro e contro Prodi, il problema sarebbe così risolto alla radice. Il sistema giudiziario Il nostro sistema giudiziario è dominato da un “mostro sociale” dotato di poteri enormi e senza eguali in alcun Paese civile e democratico: il magistrato. Il magistrato in Italia ha una carriera unica, all’interno della quale: accusa e giudica; progredisce per automatismi, al di là dei propri meriti; non è mai responsabile di ciò che fa; si organizza per correnti politiche. E’ l’altra anomalia italiana che ha un’influenza decisiva sull’attuale sistema, sull’equilibrio della bilancia dei poteri, ed è per questo che va rimossa. La riforma del finanziamento della politica L’Eurispes ha stimato che il 94,6% della popolazione si informa sulla politica accendendo la televisione, ne conseguono alcune considerazioni:
Ora, dando per scontato che il sistema va cambiato, incominciando dalla privatizzazione della RAI, con l’obiettivo di creare un mercato vero, occorre riflettere su quelli che sono gli strumenti e le risorse disponibili nel Paese per il formarsi delle idee, dei progetti, delle opinioni politiche. L’attuale sistema di finanziamento pubblico dei partiti (enormemente più ricco rispetto al passato) non è funzionale al formarsi delle idee, ma alla militarizzazione del tifo elettorale. E’ un sistema di finanziamento che favorisce solo il momento elettorale e propagandistico e non dà valore, respiro, risorse al confronto politico – culturale, alla formazione del pensiero, delle proposte, dei dirigenti politici. E’ sostanzialmente al servizio delle lobby, dei notabili, che formano comitati elettorali, per impadronirsi dei poteri istituzionali. Occorrerebbe rompere questo schema e destinare, con regole trasparenti, almeno il 50% dell’attuale finanziamento ai partiti, alle attività di informazione e di formazione politica, di associazioni, fondazioni, società editoriali, Università. Significherebbe tornare ad investire sulla politica come valore comune e condiviso, come capitale sociale del Paese da accrescere con impegno.
Andrè Glucksmann in un suo recente libro, Occidente contro Occidente, afferma:
L’obiettivo era ed è lo stesso: impadronirsi di un centro di potere di ampiezza universale, uno dei tre grandi centri di potere del mondo. Che la sinistra italiana ed europea ex comunista o socialista non arrivi a comprenderlo fa venire i brividi. L’economia mondiale, le diverse civiltà vivono attraverso l’interagire di tre grandi risorse: la risorsa lavoro, la risorsa dell’energia, la risorsa della tecnologia. La risorsa lavoro presente, in grande quantità e qualità ed a bassissimi costi, in Cina e in India, fa di questa regione del mondo uno dei tre grandi centri di potere universale. La risorsa dell’energia appartiene in grandissima parte al mondo arabo e islamico. L’Occidente detiene il dominio della tecnologia, è la sua grande risorsa. Significa ricchezza economica e forza militare. Quando questi grandi centri di potere non interagiscono fra di loro o anzi si combattono, ebbene è questa la grande arma di distruzione di massa. Bin Laden l’11 settembre lancia un OPA sulla Regione Araba dimostrando che con 2 taglierini può colpire al cuore il potere tecnologico, finanziario e militare dell’Occidente, rappresentato, al massimo livello, dalle Twin Towers e dal Pentagono. E’ nostro parere che l’Occidente non può non reagire e con tutti i mezzi. Quelli di Bush sono i migliori? I più efficaci? Non lo sappiamo ma la sostanza è che l’Occidente deve reagire. Deve arrestare la corsa verso un declino al quale lo porterà la paura, il nichilismo, la sottovalutazione del terrorismo e degli sgozzatori in nome di Dio, che accrescono la loro forza di fronte ai falsi candori dei nostri pacifisti e degli zapateros, di fronte all’ottusità poco grandeur dei francesi e della Germania che ha concluso una unificazione al contrario, l’Est si è preso l’Ovest. L’Occidente deve reagire, che non significa solo essere capace di usare la forza, ma anche di mostrare di avere coscienza di sé, di essere potenza positiva, di possedere cultura e strategie per la pace possibile, che significa non ignorare la Palestina, la Cecenia, il Sudan. L’Occidente deve reagire, deve combattere con forza il terrorismo islamico e le sue strategie geo – politiche, deve anche contrastare, nel senso che deve attrezzarsi per competere, l’offensiva cinese e russa, che come Pietro il Grande, hanno inaugurato, come dice sempre Glucksmann, un metodo geniale: rubare all’Occidente le arti e le tecnologie che lo rendono temibile, senza prendere in prestito le norme che imbrigliano la violenza, insomma si pretenderebbe di avere : la modernizzazione, senza la civiltà dei diritti dell’uomo Il capitalismo duro, senza l’etica weberiana del capitalismo e cioè l' insieme di comportamenti, di norme, di garanzie per una economia fondata sull’accumulazione e sulla legge, invece che sul saccheggio, sulla schiavitù e la stagnazione. L’Occidente deve reagire, deve arrestare il declino. In Occidente deve reagire l’Italia. L’Italia, che non ha risorse energetiche e neanche un mercato dell’energia L’Italia, che vede il suo sistema industriale, già debole e antiquato, dominato dalle banche e in crisi strutturale (sia le poche grandi aziende sia i distretti industriali) per l’offensiva della risorsa lavoro a basso costo dell’Est europeo, del Nord Africa e della Cina. L’Italia,le cui risorse tecnologiche sono limitate e, come valore, in coda all’Occidente e all’Europa. Per reagire, ciò di cui abbiamo meno bisogno è un nuovo patto fra conservatori, un patto fra la Fiat e la CGIL, e cioè fra il simbolo di una industria familiare dominata dalle banche, ingorda di soldi pubblici, incapace di investire sulla ricerca, sulla innovazione, sulla qualità dei propri prodotti e della sua strategia commerciale e di marketing e il simbolo del conservatorismo sindacale e del trasformismo politico della CGIL di Epifani. L’Italia deve reagire avendo coscienza di sé, della sua identità, delle sue ricchezze naturali, ambientali, storico – artistiche, della sua cultura dell’ospitalità, della cultura della vita e dello stile che è il tratto identitario riconosciuto nel mondo, del suo deciso ancoraggio ad Occidente insieme al ruolo strategico della sua collocazione geografica, ponte fra le civiltà del Mediterraneo. L’Italia deve reagire, mettendo a disposizione del suo sistema identitario un Paese moderno che investe e stimola gli investitori:
L’Italia deve reagire battendosi per un sistema scolastico e universitario finalmente liberi da una logica di privilegi e corporativismo che sacrificano il merito e penalizzano le capacità. L’Italia deve reagire aiutando e incentivando la ricerca scientifica affinché possa il sistema universitario offrire stimoli, proporre impulsi, per evitare sia una “fuga dei cervelli”, sia un progressivo appassimento sulle posizioni raggiunte. La ricerca è l’anima di un grande Paese, un indicatore fondamentale di comparazione e di avanguardia. Rilanciare e sviluppare un serio e approfondito dibattito sulle carenze che oggi rallentano la nostra crescita scientifica è un dovere cui non possiamo sottrarci. E’ necessario fare in fretta, il tempo lavora contro di noi, non siamo di fronte ad una crisi congiunturale ma strutturale, la ripresa ci sarà ma coinvolgerà soprattutto i Paesi con un più forte ancoraggio ad Occidente, gli Stati Uniti e l’Inghilterra, di cultura politica ed economica di stampo anglosassone. Noi possiamo farcela se staremo dalla stessa parte e se sapremo investire su noi stessi, sull’innovazione, sulla ricerca, sulle infrastrutture, sulla liberalizzazione dei mercati. Servono massicci investimenti pubblici e privati. I
parametri di Maastricht e l’Europa non possono arrestare il nostro
futuro. Occorre fare come la Gran Bretagna di Tony Blair, il cui riformismo, come ha scritto Barbara Spinelli “è stato preceduto dal PSI di Bettino Craxi”. |
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