Se i nostri ragazzi avessero la pelliccia…

Rino Scotto di Gregorio TAM TAM BRASILE

Nel far west tropicale si continua a morire. Per poco o niente. Il valore di una vita và di pari passo con il dollaro in relazione alla divisa locale: in caduta libera. Per una bicicletta ha perso la vita un’ intera famiglia di Nova Iguaçu, 7 persone, mamma e figli di 10, 12, 13, 15(il colpevole…)18 e 19 anni. L’assassino, reo- confesso, afferma di aver compiuto un inderogabile atto di giustizia visto che la bicicletta rubata era nuova di zecca. Forse, per molto meno, hanno pagato i nostri Joao Paulo e William. Da più parti ci arrivano conferme ufficiose circa il coinvolgimento di un’ importante azienda di telecomunicazioni nella scomparsa di molti giovani da Gennaio 2005. Sembra che questa azienda, preoccupata con gli ingenti danni economici arrecati dai furti dei cavi dei telefoni da parte dei ” pivetes”(si potrebbe tradurre con il nostro scugnizzi), abbiano ingaggiato killers professionisti per far fuori quanti fossero coinvolti nel traffico, pare molto fruttuoso, dei preziosi fili. I dati, come sempre, sono approssimati per difetto, ma si parla di 120 giovani(14-20 anni) fatti fuori dall’inizio del 2005. Nel paese benedetto da Dio e bello per le sue bellezze naturali, resiste la convinzione popolare, radicata ormai nell’ottuso rifiuto di fare i conti con la realtà, che il Brasile sia una specie di Eden dove non si verificano terremoti, le coste non sono spazzate da cicloni che invece puniscono giustamente gli yankees, la guerra non c’è e si può andare sempre al mare. Un vero e proprio paradiso terrestre ubicato a sud del tropico e dove, secondo un celebre poeta, “…non esiste peccato”. Proprio così, l’Eden senza le leggi di Dio. Chi non amerebbe spendere la sua vita dove ogni cosa può essere diluita e dimenticata nella follia di un carnevale? A chi non gioverebbe disperdere lo schiacciante senso di responsabilità tra le sinuosità del marciapiede e delle ragazze di Ipanema? Sciò, quindi, vade retro termini come guerra civile, genocidio, terrorismo, con buona pace delle vittime ed il sollievo dei carnefici. Lo sterminio capillare e al dettaglio dei giovani brasiliani , risponde a questa “politica”; soddisfa, cioè, l’esigenza di offrire all’opinione pubblica l’illusione che vada tutto bene e che, in fin dei conti, 30 o 40 giovani morti al mese nelle lande senza legge della Baixada Fluminese, sono un prezzo ragionevolmente giusto da pagare per continuare a vivere in ostaggio di una confortante illusione. Basta sia garantita cerveja(birra) e futebol nel fine settimana. Solo che, i paladini di questa politica, si sono fatti prendere la mano(assassina) il 31 marzo scorso, consegnando alla storia la strage più grave che sia stata mai registrata nella regione di Rio de Janeiro. 30 persone(la metà ragazzini) trucidate in strada mentre rincasavano o giocavano al bar la sera dell’ultimo giorno di marzo. I colpevoli sono già stati individuati e sono tutti poliziotti. Un massacro studiato nei minimi particolari e attuato con una inaudita crudeltà. La ragione? Ribadire, con efferata violenza, il potere di vita o di morte sulla gente della Baixada Fluminense. Il pretesto? Il giro di vite promesso dal nuovo comandante della PM per fare piazza pulita degli agenti corrotti. L’obiettivo? Costringere alle dimissioni il nuovo comandante e…dettare il profilo del suo successore. Ne volevano uno più malleabile, insomma, e per questo hanno immolato 30 poveri cristi. Parlare di TERRORISMO, alla luce di questa strage, non ci sembra un inutile esercizio di retorica. Se Kofi Annan, segretario generale dell’ONU, definisce il terrorismo come “..l’azione di gruppi o di singoli che usano la morte o il ferimento di civili come forme di esercitare una pressione sull’opinione pubblica, sui governi e le organizzazioni internazionali per fare o non fare una determinata cosa”, non ci sembra fuori luogo affermare che, dopo GUERRA CIVILE e GENOCIDIO, il termine TERRORISMO viene tragicamente a prefigurarsi quale nuova modalità di morte violenta per la gente e, soprattutto, per i ragazzi della Baixada, di Rio de Janerio, del Brasile intero. Ne vorremmo sentir parlare con voce più alta in ogni angolo del pianeta dei nostri ragazzi trucidati così come si è fatto, con incessanti appelli televisivi, massiccio bombardamento di e-mails e manifestazioni pubbliche, sulle giovani foche massacrate a nord del Canada. Siamo senz’altro solidali con quanti si adoperano per fermare i cacciatori che abbattono con gli uncini le giovani foche tra i ghiacci del Canada per ricavarne preziose pellicce. Ci domandiamo, però, se il sangue innocente dei nostri giovani non meriti qualche titolo in più nei giornali o qualche rumoroso picchettaggio davanti alle ambasciate del Brasile o alle sedi dell’ONU. Se William da Cruz,17 anni, Joao Paulo, 18, (morti il 28 febbraio) Bruno da Silva Souza 14, Felipe Soares Carlos 13, Douglas Felipe Brasil de Paula 14, Rafael da Silva Couto 17, Marcos Vinicius Siriano de Andrade 15, Marcelo Julio de Nascimento 16, Leonardo Felipe da Silva 15(i minori morti il 31 marzo) , se, ci viene da pensare, tutti costoro avessero avuto la pelliccia da farsi scorticare in nome del mercato dell’effimero, forse i media ne starebbero parlando di più? Eppure questi adolescenti avevano una Vita, un futuro e qualche sogno da realizzare: quanto vale tutto ciò agli occhi dei mercanti del Tempio? Lo sapremo solo quando anche la speranza correrà il rischio di estinzione.