Bruxelles.
Dev’essere stata una bella donna, la baronessa Emma Nicholson of Winterbourne:
classe 1941, portamento adeguato al lignaggio, oggi è eurodeputato. I suoi
compagni di partito, i liberali inglesi, l’hanno scelta come vicepresidente
della commissione Affari esteri, dove lunedì scorso ha parlato il ministro
degli Esteri, Franco Frattini. E, raccontano a Bruxelles, la baronessa ha
sfoderato tutte le sue doti di politico di lungo corso per gestire l’audizione
più importante del governo italiano all’Europarlamento, dopo la contestata
performance di Silvio Berlusconi mercoledì scorso a Strasburgo.
La Nicholson ha alzato la palla a Frattini, invitandolo ad “attenersi scrupolosamente all’ordine del giorno, ossia la presentazione del programma della presidenza italiana”. Nessuno spazio per strascichi sul caso Schulz, insomma. E, tra parentesi, una bordata al suo compagno di partito, il presidente irlandese del Parlamento europeo Pat Cox, accusato da diversi europarlamentari spagnoli di non aver saputo gestire l’assemblea lo scorso 2 luglio. La baronessa ha poi ammonito: “Diffido i signori deputati a esulare dal contesto odierno”.
I funzionari che la conoscono, dicono che la Nicholson sia rimasta piacevolmente stupita dall’intervento di Frattini. Il ministro non parla a voce alta, non gesticola, non corrisponde allo stereotipo dell’italiano radicato nell’immaginario dei 5 mila deputati, assistenti e funzionari. Ma che il ministro del Lavoro Roberto Maroni riscuotesse l’applauso dei deputati della commissione Occupazione e perfino gli apprezzamenti della presidente Marie-Hélène Gillig, socialista francese, nessuno se lo aspettava. “Ascolta senza cuffie”, osservavano alcuni assistenti notando che il ministro leghista non aveva bisogno dell’interpretazione dal francese. A Bruxelles, parlare le lingue è prassi. Ma se si tratta di un italiano che non gode di buona stampa, diventa un avvenimento.
Non solo: Maroni è stato così politically correct da subire il richiamo a un “maggiore realismo” da parte di alcuni parlamentari in merito alle sue ambizioni so-ciali in tema di riforma delle pensioni. Giulio Tremonti, che al primo piano del palazzo Spinelli (sede delle commissioni parlamentari) illustrava le iniziative italiane su infrastrutture e Patto di stabilità, incassava intanto l’apprezzamento della socialista tedesca Christa Ranzio-Plath. Stesso copione in commissione Cultura, ospite il ministro dell’Istruzione Letizia Moratti: applausi di rito, sebbene Gianni Vattimo, europarlamentare ds, le abbia chiesto di scusarsi con il Parlamento europeo per gli incidenti di Strasburgo. Il socialista francese Michel Rocard, che presiedeva la seduta, ha invitato ad attenersi ai temi all’ordine del giorno. E lei, impassibile, non ha replicato ed è passata a illustrare le priorità della presidenza.
Il ministro per le Politiche comunitarie Rocco Buttiglione, in un’altra sala, riceveva gli elogi degli ex colleghi rivolgendosi a ognuno nella rispettiva lingua. Mentre il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu, alla commissione Libertà pubbliche, “ha addirittura raccolto l’applauso di verdi e comunisti europei”, come notava sconsolato un commentatore di fede socialista, sebbene sia stato interrotto da accenni polemici degli italiani Lucio Manisco e Monica Frassoni. Bene anche il ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi, così come è filata liscia l’audizione del Guardasigilli Roberto Castelli.
Se questo doveva essere l’esame di ammissione degli italiani in Europa, le pagelle sono largamente al di sopra della sufficienza. Il made in Italy, non mediato dalla stampa, piace anche a Bruxelles. Al punto che molti collaboratori del Ppe, cui gran parte del governo aderisce, si sono detti infastiditi di tanto positivo stupore (“ci trattano come un paese da terzo mondo”, ha detto un funzionario della commissione Trasporti) e rimandano giudizi e commenti a fine semestre.