Rai, le bugie di Romano Prodi e la nostalgia di piazza del Gesù

di Giorgio Dominici da L'Opinione del 23 febbraio

La spallata del leader dell’Unione ricorda i vecchi tempi della lottizzazione. Piazza Santi Apostoli non è piazza del Gesù. Ma per l’ex democristiano Romano Prodi, ora leader dell’Unione, c’è tanta nostalgia. Vorrebbe imitare quei segretari che sedevano nella scrivania che era stata di Alcide De Gasperi. E’ sempre stato a stretto contatto con i segretari di partito che si sono succeduti dalla metà degli anni Settanta (fu lui che in una seduta spiritica tirò fuori il nome di Gradoli, dov’era il covo delle Br che rapirono e uccisero Aldo Moro nel 1979). Particolare feeling con Mino Martinazzoli (sinistra Dc) e Ciriaco De Mita. Anche lui c’era nel salone di piazza del Gesù quando venivano convocate riunioni dei massimi manager delle Partecipazioni statali e di tutti i “gran commis” dello Stato designati in questi posti di vertice dall’allora Dc. Prodi è finito così due volte al vertice dell’Iri e la stanza all’angolo di via Veneto era non solo la stanza dei bottoni ma anche la sede dove si decidevano le sorti della Rai. L’azionista di maggioranza era l’Iri e Prodi ha fatto e disfatto consigli di amministrazione, ha partecipato a riunioni che fissavano i tempi e modi del superamento del regime di monopolio televisivo con la divisione della Rai nei tre tronconi, quasi autonomi, di Raiuno, Raidue, Raitre. E fu attraverso un accordo in casa di Antonio Tatò (portavoce di Enrico Berlinguer) che venne decisa l’assegnazione del Tg3 e della Terza rete ai comunisti, che designarono Curzi e Angelo Guglielmi. Era il 1979. Sono passati 25 anni. I governi di centrosinistra hanno fatto il bello e cattivo tempo in viale Mazzini. Hanno imposto nomi, direttori, consiglieri di amministrazione. Ora alla vigilia delle elezioni regionali il leader dell’Unione Romano Prodi ha deciso di dare una spallata all’attuale assetto della Rai. Non gli piace niente e grida “all’emergenza democratica, alla faziosità dell’informazione televisiva, alla lesione dei diritti garantiti dalla Costituzione”. Una provocazione politica che cozza con la verità dei fatti. Le bugie di Prodi hanno le gambe corte. Basti sintonizzarsi in qualcuna delle tante trasmissioni delle Tre reti o della radio per constatare quanto la presenza degli esponenti della sinistra sindacale e politica sia massiccia anche con un Consiglio di amministrazione nominato dai presidenti di Camera e Senato, provenienti dalla Casa delle libertà. I principali conduttori del Tg1 (David Sassoli, Maria Grazia Busi, Tiziana Ferrario, Paolo Digiannantonio) sono esponenti dell’Usigrai e ricoprono cariche nel sindacato dei giornalisti (maggioranza di sinistra). Il “quirinalista” Paolo Giuntella (il giornalista che segue tutte le atti vità del presidente della Repubblica Ciampi) è uno dei leader del sindacato. Il direttore di Rainews24, Roberto Morrione, leader con Giulietti dell’Usigrai, è stato il capoufficio stampa di Prodi nel 1996 con l’Ulivo. I giornalisti Rai eletti con le sinistre vanno da Piero Badaloni (presidente della Regione Lazio ora corrispondente a Berlino) a Clemente Mastella (in organico alla Rai di Napoli come il diessino Paolo Raffaelli, sindaco di Terni nella sede di Perugia). In aspettativa sono anche Giuseppe Giulietti (Rai Venezia), gli eurodeputati Lilli Gruber (Tg1) e Michele Santoro (Tg3). L’elenco per Tg3 e Retetre è presto fatto: orientato a sinistra il novanta per cento dell’organico. Culturalmente di sinistra tre dei principali corrispondenti all’estero: Antonio Caprarica a Londra, Sergio Canciani a Mosca, Paolo Longo a Pechino, Neliana Terzigni in Medioriente, Corradino Mineo a New York.