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Di fronte alle mie parole di totale sincerità, che non hanno affatto abdicato
ai doveri di contegno e di prudenza di un Capo di Governo, qualche politicante
ipocrita - e anche qualche stolto, se me lo consentite - ha guardato al dito che
indicava la luna, piuttosto che alla luna, e ha cercato di impiccarmi ad una
parola, una sola, isolata dal suo contesto. Eppure, il contesto era chiaro, era
chiarissimo. Ho sostenuto, come sempre, la necessità di una coalizione contro
il terrorismo che comprendesse in primo piano i Paesi islamici. Ho sostenuto,
come sempre, che la più grande iattura, la più grande catastrofe che potrebbe
verificarsi sarebbe trasformare l'irrinunciabile azione contro il fanatismo,
contro il terrorismo, in un contrasto di civiltà o, addirittura, in una guerra
di religione tra Occidente e Islam. Ho sostenuto, come sempre, in tutte le
occasioni, che la reazione militare non avrebbe dovuto mai, mai, causare vittime
innocenti. ... Continuo a voler essere sincero: se devo essere impiccato ad una
sola parola isolata dal suo contesto in cambio della libertà di affermare quel
che penso, e che pensano con me nella loro stragrande maggioranza i cittadini
italiani, allora dico: impiccatemi pure! In questo Paese e in tutto il mondo -
lo sappiamo bene e nessuno ce lo può insegnare - è doveroso e d'obbligo
rispettare il diverso. Lo dice il Magistero delle Chiese cristiane, lo conferma
la grande cultura laica e illuminista della tolleranza, è scritto nei nostri
codici e nelle nostre leggi fondate sulla Dichiarazione universale dei diritti
dell'uomo e del cittadino. Chi vede nella libertà di culto e nella diversità
delle culture un nemico è egli stesso un nemico della nostra civiltà. Noi
escludiamo dal nostro orizzonte il fanatismo, ma proprio per questo ci battiamo
con orgoglio per sradicarlo dalla coscienza dei popoli. Una certa dose di
relativismo culturale è essenziale alla tolleranza, ma il relativismo culturale
assoluto, cioè l'idea che tutti i valori e tutti i comportamenti abbiano la
stessa dignità, è un'idea semplicemente falsa. E' un'idea che indebolisce non
già il nostro amor proprio e il nostro orgoglio, il che sarebbe il meno, ma la
forza dei princìpi in cui crediamo e per i quali ci siamo battuti e
continueremo a batterci contro i totalitarismi e i fanatismi di ogni specie, nel
rispetto assoluto delle diverse convinzioni, dal Cristianesimo all'Islam.
Un medico volontario, persona di reputazione integerrima ma di confuse idee, ha dichiarato che non saprebbe scegliere tra gli Stati Uniti e l'Afghanistan. Noi tra la grande democrazia americana e una teocrazia violenta, che costringe le donne al silenzio e alla segregazione, che predica il terrore nel nome della religione, abbiamo già scelto e definitivamente. Questo ho inteso dire e continuo a dire; soltanto questo, non altro.
Tutto ciò naturalmente non significa che non si condividano sentimenti di pena profonda per il destino del popolo afgano, per le disuguaglianze e la sofferenza che la miseria provoca nel mondo. C'è chi crede di avere per sé il monopolio morale del dolore e della compassione. Ecco un caso di fanatismo ideologico tipicamente occidentale, politicamente molto corretto ma totalmente inadatto allo scopo di migliorare concretamente il mondo, totalmente inefficace per ridurre le sacche di miseria, totalmente incapace di promuovere benessere e libertà, binomio assolutamente inscindibile. Spiace che da qualche parte sia stato istituito un supremo tribunale di correttezza ideologica e che i verdetti di questo tribunale vengano emessi in contumacia, senza dare al reprobo la possibilità di argomentare e di difendersi. Ma pazienza, ce ne faremo una ragione. Sappiano però, i nostri giudici, che su questa cultura plurisecolare dei diritti si fonda l'alleanza euro-atlantica. Su questa cultura plurisecolare dei diritti si fonda l'Alleanza Atlantica. Su questa cultura si fonda l'amicizia indistruttibile con il popolo americano offeso. Su questo comune sentire si fonda la stessa cultura della libertà che è alla base della costruzione europea.
Negare che questa sia la base della nostra politica vuol dire anche disarmare i nostri giovani che si sacrificano per garantire la pace, vuol dire - come ha anche recentemente e giustamente affermato e sottolineato il Presidente di questa Assemblea - cedere al piagnisteo e all'autocommiserazione ipocrita, sentimenti francamente indecenti in uomini liberi e fieri della loro libertà. Vi ringrazio.