MARCO Biagi viene ricordato oggi nel corso di molti eventi commemorativi, che si svolgono a Roma, Milano, Bologna, Modena. Per una somma di ragioni la vicenda umana e politica di questo coraggioso servitore dello Stato ha suscitato una emozione del tutto particolare.
Marco Biagi viene proditoriamente assassinato nel contesto di un clima di intolleranza nei confronti delle sue idee di riforma e del suo stesso ruolo di leale e coerente consigliere di più ministri del Lavoro. Egli ha senza dubbio promosso una scuola originale, nell'ambito di un diritto del lavoro per lungo tempo egemonizzato da correnti ideologiche. Marco Biagi contrappone a un'idea del lavoro come inesorabile epicentro del conflitto sociale quella più positiva e naturale del lavoro come strumento per la realizzazione della persona.
Cattolico e socialista, Biagi vuole riformare il quadro normativo perché risulti capace di comprendere la realtà sempre più complessa dei lavori, in modo tale da garantire tutele effettive e proporzionate al grado di "debolezza", ovvero di dipendenza socioeconomica del lavoratore. Si tratta di un diritto sostanziale, "leggero", che esalta il ruolo degli attori sociali nel garantire che la norma si adatti flessibilmente alla concreta realtà di ciascun rapporto di lavoro. Il suo progetto compiuto si realizza nel nuovo Statuto dei lavori, di tutti i lavori, che il Governo si è impegnato a produrre a conclusione del percorso riformatore.
In questo quadro Marco Biagi ha disegnato la riforma recentemente approvata dal Parlamento, che ha lo scopo di promuovere un sistema di servizi pubblici e privati per l'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro e tipologie contrattuali utili a favorire la reciproca adattabilità fra lavoratori ed imprese. In particolare con queste ultime, egli aspirava ad attrarre nel mercato del lavoro regolare le tante attività precarie o sommerse dei molti che hanno bisogno di conciliare il tempo di lavoro con il tempo per la famiglia o per l'apprendimento.
La misura del successo di queste riforme sarà il rapido innalzamento del tasso di occupazione regolare, che oggi in Italia è il più basso tra i paesi dell'Unione Europea. In Italia lavora regolarmente soltanto poco più di un cittadino su due tra i 15 e i 65 anni, mentre ancora più grave è la condizione delle donne, degli anziani e dei giovani meridionali. Biagi avrebbe auspicato su questi temi un confronto più sereno e meno condizionato da pregiudizi ideologici. Il suo pragmatismo era legato al metodo del confronto tra le buone pratiche nei paesi europei, nella ricerca di tutte quelle soluzioni che si rivelano utili nella concreta esperienza per includere quante più persone nel mercato del lavoro regolare. Marco Biagi è stato promotore di intensi studi comparati tra le legislazioni e le politiche del lavoro dei paesi europei, in adesione a quella Strategia europea per l'occupazione che vuole accrescere la competitività dell'area dell'Unione attraverso il pieno ed ottimale impiego delle risorse umane. Ora è doveroso non solo realizzare compiutamente il suo progetto di riforma, ma garantire a quella scuola originale le condizioni per una continuità nell'interesse di tutti. Le intolleranze e le gelosie che in alcuni settori accademici, oltre che politici e sociali, non si sono sopite con la sua morte, potrebbero rendere difficile soprattutto questo ultimo obiettivo, che è in realtà quello più importante.
Biagi era un maestro generoso, che ha saputo trasmettere ai suoi collaboratori non solo ingente documentazione, ma soprattutto le chiavi di un metodo che consente la continuità. L'impegno di tutti, anche di coloro che non ne condividono le idee, deve essere ora quello di favorire la sopravvivenza di questa scuola originale, in un contesto di libertà delle opzioni e di fertilità del confronto tra più tesi.