Sono intervenuto alla Rassegna sulla Magna Grecia qui in Brasile nella mia qualità di Presidente del Comitato Parlamentare dell'Innovazione Tecnologica (COPIT). In questa veste ho preso la parola dando la testimonianza di una mia visione, formatasi in tanti anni di attivitá parlamentare per quanto riguarda i rapporti istituzionali del nostro Paese con l'estero e con il Brasile in particolare, avendo quindi modo di parlare delle istituzioni e quindi anche dei consolati. Ho detto con molta chiarezza che, se dobbiamo far rimanere in queste condizioni i consolati, sarebbe meglio farli sparire. Questo l'ho detto più volte nell'aula di Montecitorio, mi è piaciuto ripeterlo qui, al di lá di quello che puó essere l'impegno e la capacità dei singoli consoli e di tutto il personale consolare. Io ritengo opportuna una rivisitazione forte, seria da parte del nostro paese, anche perché i rapporti con le nostre comunitá non siano sincopate o intermittenti. Questo significa quindi conseguire una vera politica estera. Allora io mi domando: abbiamo una politica estera? Ovviamente questo non si riferisce appena a questo governo. Certo oggi manchiamo di una politica estera e la politica estera deve essere fatta anche in termini organici, capire quali sono le nostre opzioni nei confronto degli altri paesi Tanto è vero che le mie considerazioni sono andate anche a coinvolgere l'ICE. L'ICE è sparito ed è sparito il commercio con l'estero. Se noi pensiamo che questo ministero non c'è piú, di fatto, essendo tenuto ad interim da parte del ministro dell'industria e commercio, dobbiamo ammettere che non abbiamo una politica commerciale verso l'estero. Il problema del commercio con l'estero è un problema di politica estera. Io credo che ci debba essere un combinato disposto, cioé un tracciato della politica estera, con un impegno attraverso la Farnesina, quindi un nuovo rapporto con i centri decisionali che attengono al comparto. Oggi non c'è una politica industriale all'interno, come non c'è verso l'esterno del Paese. Tutto è lasciato al volontariato, ai singoli affari, a joint ventures. Io credo, però, che da parte del governo debba esserci una opzione, un indirizzo, una scelta, una capacità di cogliere quelli che devono essere i settori da privilegiare, senza che ci sia appena ed esclusivamente la volontà dei privati a cui va peró riconosciuto un grande merito. Noi non sappiamo mai quali sono le aree geografiche che privilegiamo. Andiamo in Asia e, ovviamente, i nostri ambasciatori magnificano le relazioni tra il nostro paese e l'Asia, veniamo nell'America Centrale o Meridionale e ritroviamo questa stessa litania ripetitiva. Qui, tra l'altro ci si richiama alle comuni tradizioni, alle comuni origini, alla italianità che qui è predominante. Qui noi abbiamo molti concittadini che ci vivono, ma il loro rapporto con l'Italia è sempre piú labile. É un fatto più apparente, più rituale, più retorico, più che un fatto sostanziale. Mi duole dirlo, ma è cosí. Per colpa di chi? Dei cittadini residenti o per colpa nostra? I Comites hanno funzionato? I Comites non hanno funzionato perché la legge è stata fatta in un certo modo. Il Comites non è stato consequenziale nella gestione di questa logica di legge rispetto a quella che era stata la volontà del legislatore ed io ritengo che dovremo rivedere tutto questo, come dobbiamo anche comprendere e capire che tutta la problematica dei rapporti tra noi e i nostri connazionali all'estero, non si esaurisce con una legge elettorale. Se noi pensiamo come è stata fatta la rivisitazione della legge costituzionale, una revisione costituzionale che nasce certamente da un grande desiderio di molti colleghi, quello di raggiungere questo traguardo che è stato agognato e inseguito in termini tormentati da moltissimi . Certo non sappiamo se sia stata resa giustizia a questa aspirazione, a questa attesa. La revisione costituzionale è stata approvata, ma manca la legge ordinaria e senza la legge ordinaria non sappiamo cosa si fa. C'è questa quota di collegi riservati all'estero, ma non vorrei che tutto fosse una finzione e che anche questa materia fosse affidata ai mestieranti dei nostri rapporti con gli emigranti e viceversa. Infatti vedo molti mestieranti in giro. Come Sciasca parlava del mestiere dell'antimafia, non vorrei che ci fossero altri mestieranti di altra natura che però svuotano di contenuto quello che dovrebbe essere una ricchezza, un patrimonio, un contenuto di una serie di valori che dovrebbero accompagnare ovviamente sia la politica del nostro paese sia l'azione combinata anche delle organizzazioni italiane all'estero. Ho visto parecchie sincrasie: per esempio i Comites quasi non lavorano, perchè hanno poteri molto limitati; gli Istituti di Cultura, le Dante Alighieri, le Camere di commercio, c'è tutto un rifiorire di dati sui quali credo che una buona attenzione farebbe giustizia di molte incertezze e di molti vuoti. Io mi auguro che questo messaggio della Magna Grecia venga ad essere raccolto e che il COPIT con le tecnologie, i rapporti, gli scambi, questa ricerca scientifica, questo know how, questa trasmissione di quelle ricchezze che possiamo avere, ricchezze intellettuali e anche di elaborazione, di ricchezze scientifiche già sta realizzando in questa prospettiva, nell'indifferenza più generalizzata, soprattutto dalle istituzioni regionali interessate e la Magna Grecia fu soprattutto una grande conquista, una ricchezza culturale cioè lo sfruttamento di ricchezze naturali che si sono potute sfruttare, perchè c'era una cultura che veniva dalla Grecia che creò quello che io chiamo con una brutta parola il "combinato di sposto", tra cultura umanistica e ricchezza del territorio che hanno creato delle civiltà fiorenti. La civiltà è progresso. Lo sviluppo economico non sempre si accompagna alla civiltà. Il solo sviluppo economico non significa sviluppo complessivo. Civiltà significa che c'è uno sviluppo dell'uomo e quindi anche il soddisfacimento dei suoi bisogni materiali, ma soprattutto con il soddisfacimento dei suoi bisogni morali e spirituali e quindi con una nuova ricchezza, completa che riguarda l'uomo nella sua crescita e nella sua formazione nel territorio. La ringrazio caro Pacelli, per l'opportunità che mi sta dando. Questa è una occasione da cogliere e valorizzare. Questa iniziativa della Magna Grecia, in sintonia con la sua di una voce libera, vuole esere un richiamo forte all'esigenza avvertita da molti italiani, agognata da molti e inseguita da molti. C'è stato un gruppo di parlamentari che lei ha avuto modo di incontrare in questi giorni, conoscere ed intervistare raccogliendo le loro impressioni. Siamo ad una svolta importante nella vita del nostro paese, abbiamo le scadenze elettorali. Noi speriamo che qualcosa di nuovo e di diverso avvenga in Italia e questa diversità significa anche un rapporto non burocratico, non formale, non saccente o supponente con i governi con i quali noi siamo interessati profondamente ad intrecciare rapporti diplomatici seri non con le iniziative episodiche. Quindi il mio appello è che questo rapporto intenso e forte con l'America Latina non sia soltanto un fatto di ricordi struggenti come se noi dovessimo ricognire una storia passata ma non più riproponibile. Ci commuoviamo al momento e con ugual facilità ci dimentichiamo. Non è il ricordo dei nostri connazionali. Dei nostri emigranti, delle valige di cartone, delle peripezie e dei drammi, delle tragedie. Ognuno di noi - io sono calabrese - come moltissime famiglie calabresi hanno avuto tragedie familiari con i nostri emigranti, molte volte gettati in mare quando c'era il vaiolo, o altre malattie pericolose. Questo ricordo non basta, ma i ricordi devono essere anche vissuti perchè questi nostri connazionali hanno la loro dignità, hanno fatto moltissimo e alcuni si sono dimenticati del paese. Ciò è colpa dei nostri connazionali o è colpa nostra? Ecco con questo dubbio chiudiamo la nostra intervista. Con questo punto interrogativo si può costruire qualcosa per il futuro.