Gli Italiani all’Estero non hanno la memoria corta, come qualcuno a Sinistra si illude di pensare. Gli italiani nel mondo si ricordano tutto, di chi ha lottato per i loro sacrosanti diritti negati e di chi, con futili motivazioni e la complicità di larghi strati partitocratici, ha disertato questo importante appuntamento con la civiltà dei diritti. Come ci si fa a dimenticare delle folgoranti esternazioni di Giuliano Paietta, Dino Pelliccia e Gianni Giadresco apparse sulla rubrica “Emigrazione” dell’Unità, in cui si teorizzava la sinistra tesi del non-voto per gli italiani all’estero? Cosa facevano i compagni di partito, che, attualmente in giro per il mondo, tentano ora di cambiare le carte in tavola, affermando che senza di loro l’esercizio del voto all’estero non ci sarebbe stato?! Tutti sanno che la battaglia è stata dura, durissima. Oltre un quarantennio di schermaglie parlamentari, laddove il mondo partitocratico ha giocato un brutto ruolo: quello della retroguardia, del sabotaggio e dell’insabbiamento continuo e costante, a danno di un diritto costituzionale, quale l’esercizio del voto nei luoghi di residenza per gli emigranti italiani, che avrebbe invece dovuto trovare la solidarietà assoluta ed indiscussa di tutte le istituzioni parlamentari. A condannare i partiti, tolte pochissime eccezioni, sono poi le decine e decine di Atti enciclopedici partoriti dalle conferenze, che, fotografando puntualmente la realtà degli italiani nel mondo, suggerivano soluzioni praticabili ed interventi concreti sui problemi che il mondo politico italiano si è guardato bene dal realizzare. Una prima Conferenza nazionale dell’emigrazione (con Granelli) nel 1975, una seconda conferenza nel 1988 (con Bonalumi), una terza nel 2001 (con Danieli), ma nessuna di esse è riuscita né a produrre, né ad innescare quella “rivoluzione auspicata” e necessaria per voltare pagina e per intraprendere quella Primavera che avrebbe dovuto caratterizzare una vera ed autentica svolta, una nuova politica per gli italiani nel mondo. Una politica che li avesse considerati cittadini a pieno titolo nella Costituzione della Repubblica, come un fattore di internazionalizzazione dell’Italia, come un patrimonio, non da sfruttare, ma da usare come parte integrante di una Nazione che non dimentica i propri figli, per raggiungere le frontiere infinite della globalizzazione, in una nuova strategia di tutela e salvaguardia degli italiani e degli interessi italiani nel mondo. Conferenze che hanno discusso di tutto e di tutti, che hanno coinvolto migliaia di persone e che hanno indicato gli interventi legislativi specifici per risolvere i singoli problemi, ma che non sono mai stati né considerati, né accolti dai partiti presenti in Parlamento (ad eccezione della Destra politica italiana), e quindi neanche da coloro che attualmente vanno a gridare ai quattro venti le inettitudini di quello Stato deficitario che il mondo partitocratico ha contributo a creare e costituire. In tutto questo firmamento, un’unica persona si distingueva, e si è distinta, incontrando per decenni ovunque le nostre comunità, instaurando con esse un confronto al di sopra dei partiti, uniti da una italianità profonda e trasversale, per ricercare le soluzioni e quindi la chiave ai singoli problemi. Persona che aveva dalla sua parte una forza che era Movimento e non Partito, che lo appoggiava e condivideva il significato politico delle giuste rivendicazioni che la partitocrazia aveva sempre negato. Chi è antico nel mondo dell’emigrazione non può non ricordare l’incontro caloroso e sentito di Giorgio Almirante e Mirko Tremaglia con gli operai italiani di Stoccarda nell’ottobre del 1970 e le relative visite nelle baracche di Neckarsulm. Incontro storico, pieno di significato politico che delineò l’inizio di un’era, con la nascita e stesura della “Carta dei diritti degli italiani nel mondo”, inserita negli atti della prima Conferenza presentata nel 1975 e sottoscritta dai delegati dei Comitati Tricolore, piena di contenuti sociali e politici, che caratterizzò il proseguio di una linea rivoluzionaria della Destra sociale e politica italiana, fuori dai partiti, che determinò la lotta e il successo di traguardi fondamentali ed importanti come, ad esempio, quello della legge istitutiva dell’AIRE. Ma ciò è avvenuto grazie, non al Danieli di turno, bensì al “ragazzo di Salò”, che il governo di Centro-Destra ha voluto come Ministro per gli Italiani nel Mondo e che è riuscito con successo, oltre alle invidie, a rendere concretamente visibile la “questione dell’emigrazione italiana”, grazie al suo disinteressato impegno (riconosciuto da tutti, sinistra compresa), e ad una linea politica vincente che scavalcava, e scavalca, gli interessi dei partiti guardando invece in profondità alle tante cose che non vanno, alle cose concrete da fare, che attendono da sempre una risposta che non hanno mai avuto, ma che ora si cerca di dare. Perché - si chiedono giustamente gli italiani all’estero - la legge sull’esercizio del voto non è stata approvata quando il Centro-Sinistra al governo aveva la maggioranza in Parlamento? Perché la legge di riforma dei Comites, che l’onorevole Adameri dei DS si è tenuta nel cassetto per anni, senza nessuna protesta da parte del CGIE, non è stata approvata quando governava il Centro-Sinistra? Perché con il Governo di Centro-Sinistra a Buenos Aires ed altrove c’erano le code davanti i consolati, mentre ora a Buenos Aires, e non solo, oltre ad avere eliminato questo scempio, i tanti italiani che là risiedono disporranno persino di nuove sedi consolari? Chi ha assunto gli oltre 350 contrattisti per intraprendere la bonifica e l’aggiornamento necessario dell’AIRE, per disporre di un elenco unico degli elettori italiani residenti all’estero, che una indagine parlamentare del 1994 (ripeto del 1994) definì un “colabrodo” vergognoso ed insostenibile? Perché la legge sul prolungamento della validità del passaporto da 5 a 10 anni (proposta dal sottoscritto a Fassino quando questi era Sottosegretario agli Esteri) è stata realizzata dal Centro-Destra, dimezzando così a lunga scadenza gli ingorghi e il lavoro nei Consolati? Perché le partite ufficiali della Nazionale di calcio ora si vedono in chiaro, mentre prima venivano criptate? Potremmo continuare all’infinito, ma è a queste domande che devono rispondere i pellegrini dell’Ulivo per poter pretendere di essere riconosciuti quali credibili interlocutori di una componente minoritaria dell’emigrazione che accetta i partiti dopo un quarantennio vergognoso di silenzio. Essi, infatti, se non ci fosse stato il VOTO all’estero, non si sarebbero mai mossi, non si sarebbero mai interessati degli italiani all’estero! Ora, il profumo delle poltrone parlamentari li rende neofiti, ubriachi e stizziti; hanno già iniziato la corsa alle candidature, è iniziata la “notte dei lunghi coltelli”. Essi si smuovono, perché sanno che il tempo è galantuomo e gli italiani all’estero non sono disposti a perdonare chi per decenni li ha dimenticati, con la benedizione di qualche falso sacrestano.