Il "soccorso rosso" della magistratura ad orologeria

Aristofane 

Pronta ad assolvere dall’accusa di terrorismo due integralisti islamici scoperto ad assoldare e mandare nei campi di addestramento possibili kamikaze; altrettanto rapida nello scarcerare tre zingare che avevano cercato di strappare una neonata dalle mani della madre solo perché invece di contestare loro l’accusa di sequestro di persona si sono limitati ad accusarli di sottrazione di minore; addirittura solerte nell’assolvere decine di controllori di volo che giocavano a calcetto durante l’orario di lavoro.

La magistratura sembra sempre più una sorta di "soccorso rosso", perché una simile solerzia nel perdonare e nel chiudere un occhio trova un eguale e contrario nel tentativo sistematico di colpire Berlusconi e di poter dare una mano al centrosinistra nella corsa per ogni appuntamento elettorale che si rispetti. E’ stato così in passato, si ripete ancora oggi. Per il passato la storia è nota. Per l’oggi, è questione delle ultime ore. Guarda caso, a poco più di un mese dalle elezioni regionali la Procura di Milano, mica una Procura qualsiasi ma l’unica (forse insieme con quella di Palermo) che si è contraddistinta nella sistematica opera di demolizione morale di Berlusconi e dei suoi collaboratori, decide di chiudere le indagini su Mediaset e si prepara ad accusare il premier di aver truffato e sottratto miliardi su miliardi ai suoi azionisti. Nulla conta, per i magistrati, che Berlusconi non firmi un bilancio dal ’94.

E’ stato presidente fino al ’99 quindi va perseguito, diremmo pure perseguitato. D’altra parte ci sono le Regionali all’orizzonte, poi le politiche, il processo Sme si è concluso con l’assoluzione e non è possibile che il premier affronti per la prima volta una tornata elettorale senza una spada di Damocle giudiziaria che gli pencola sulla testa. Si tratta di un copione già scritto. Da una parte Prodi gli contesta un orologio, mai posseduto, da 800 milioni di lire, dimostrando di prepararsi – dovesse vincere le elezioni – a realizzare ciò che forse neanche è nei piani di Bertinotti (ma di Diliberto e Cossutta forse sì): l’esproprio proletario. Dall’altra la magistratura vuole fare il bis del ’96, quando di fronte alle accuse della Ariosto contro Berlusconi e del giudice Casavola contro Prodi (indicato come corruttore per evitare guai giudiziari alla sua Nomisma) decise di perseguire Berlusconi e Previti. Prodi, dunque, fa il moralista – si fa per dire – solo perché ha sempre potuto godere di certe protezioni in toga. E quando esse hanno rischiato di venir meno (Di Pietro lo interrogò duramente durante gli anni di Tangentopoli), il professore andò a piangere da Scalfaro che facendo l’unico atto garantista della sua vita lo sottrasse dalle grinfie della magistratura. Subito dopo Di Pietro divenne ministro del governo Prodi.