Dopo
sei mesi di missione, i militari italiani hanno definitivamente lasciato la base
“Salerno”, nei pressi di Khost, al confine tra Afghanistan e Pakistan,
concludendo l’operazione Nibbio. La task force, guidata dal generale Giorgio
Battisti e composta prevalentemente da truppe alpine poi affiancate da squadre
di paracadutisti della Folgore, ha pattugliato e monitorato uno tra i territori
più pericolosi dell’intero Afghanistan, essendo un punto di collegamento con
le aree tribali pakistane. Il bilancio non può che essere positivo, sia da un
punto di vista militare che civile. Gli scontri ancora in atto, infatti, sono
localizzati in province territorialmente lontane da quella occupata dai militari
italiani, a dimostrazione che il pattugliamento e la prevenzione hanno
contribuito ad un allontanamento della guerriglia neo-talebana. Soprattutto il
rapporto diretto mantenuto con la popolazione locale ha innescato con gli
esponenti politici afgani un sentimento di fiducia e simpatia nei confronti
delle truppe italiane.
Il clima favorevole ha contribuito fortemente alla riuscita dell’intervento, anche se persiste ancora qualche focolaio di violenza, soprattutto nell’immediata zona di confine sud-orientale. Oltre all’operazione militare, non bisogna trascurare l’importante supporto di carattere umanitario fornito dall’esercito, in collaborazione con gli esperti di cooperazione dal ministero per gli Affari Esteri. L’attività è stata coordinata in maniera tale da assomigliare fortemente al modulo operativo conosciuto come Provincial Reconstruction Team, cioè un sistema volto a distribuire militari ed esperti di cooperazione nelle diverse province afgane per sostenere l’autorità centrale e l’opera di ricostruzione. A questo proposito, sia da parte afgana che statunitense, sono forti le pressioni affinché tale metodo di cooperazione venga definitivamente formalizzato attraverso la creazione di un vera e propria zona di ricostruzione provinciale italiana. Questa è una questione delicata, rischiosa e soprattutto costosa, della quale però sono chiamati a farsi carico molti paesi coinvolti nel sostegno a Karzai e all’intero Afghanistan.
La conclusione dell’operazione Nibbio rappresenta quindi per l’Italia, e di riflesso per la Farnesina, un punto di svolta: proprio nel momento in cui l’Afghanistan è entrato nella fase più difficile della ripresa il nostro apporto deve continuare ad essere concreto e fattivo, soprattutto per non dissipare l’ottimo lavoro svolto fino ad oggi e che ha visto l’Italia sempre in prima linea. L’impegno europeo si concretizzerà a ottobre quando guiderò la troika Ue che sarà a Kabul per stabilire le prossime mosse a sostegno del governo provvisorio di Karzai, pedina fondamentale nell’intero scacchiere geo-politico, che dovrà riuscire a consolidare il potere attraverso alleanze e pressioni per smobilitare definitivamente la minaccia permanente rappresentata dai war-lords, i “signori della guerra”. Il governo provvisorio, dunque, ha davanti importanti appuntamenti a cui non può presentarsi impreparato o in ritardo: la terza fase del “processo di Bonn”, la Loya Jirga costituzionale e, infine, le elezioni politiche previste per il 2004.