La relazione di Bruno Zoratto  Presidente della I Commissione CGIE

Bruno Zoratto(GRTV) Chi si attende la classica relazione tecnico-filosofica su un problema delicato e complesso come quello dell'informazione italiana nel mondo, per volare alto - come qualcuno è abituato ad affermare in questi nostri incontri - rimarrà deluso. Ciò è stato fatto, e verrà fatto, da altri più bravi di me in altri consessi più adatti, come ad esempio la giornata sull'informazione, che si svolgerà mercoledì al Campidoglio nell'ambito di questa Conferenza. Io tenterò insieme a voi di fare un ragionamento politico che sia in sintonia con il dettato legislativo della Conferenza, che è quello di verificare quello che è stato fatto dal 1988 ad oggi, il perché non è stato fatto, per responsabilità di chi, come si deve fare per andare oltre e per non continuare a prendere in giro le nostre comunità. Ha ragione il Segretario Generale del CGIE quando afferma che non abbiamo nulla da inventare. La "Treccani della emigrazione" è già stata scritta negli atti delle due precedenti conferenze, nel 1975 e nel 1988; da lì dobbiamo partire con le nostre riflessioni, per rimanere con i piedi a terra e impegnare le istituzioni dello Stato (Governo, Parlamento e Regioni) assieme al CGIE e ai Comites per agire, per far sì che le nostre collettività abbiano quello che non hanno nell'interesse assoluto ed esclusivo della soluzione definitiva ai loro problemi. Non esiste argomento che riguardi le nostre comunità all'estero che non sia stato studiato, approfondito ed analizzato come quello che riguarda l'informazione italiana nel mondo. Già nel 1956, con la costituzione a Roma della FSIE (Federazione della Stampa Italiana all'Estero), si iniziò a censire e fotografare realtà sconosciute e a dare vita ad organismi di categoria come l'ANASI (Associazione Nord-Americana della Stampa Italiana), sorta a New York nel 1962; la FEDEREUROPA, sorta nel 1965; la CISIE (Confederazione Internazionale della Stampa Italiana all'Estero), sorta nel 1965 a Torino; la FMSIE (Federazione Mondiale della Stampa Italiana all'Estero), nata nel 1971 e la FUSIE (Federazione Unitaria della Stampa Italiana all'Estero), nata nel 1982, che tuttora fra mille difficoltà ancora esiste, nonostante molti sono coloro che pensano sia da tempo al cimitero e per questo necessiti di essere rifondata, inserendo giustamente, a pieno diritto, gli audiovisivi, per costituire un grande fronte che unisca le testate giornalistiche operanti nel mondo.

PROSPETTIVE

Poi è giunta l'era del CGIE: grazie alla solidarietà dell'intero Consiglio ed all'impegno unanime della Commissione "Informazione e Comunicazione", si sono svolti fra il 1994 e il 1996 tre importanti convegni continentali a San Paolo, New York e Berlino, che hanno fotografato le nuove realtà, dando risposte concrete e serie ai singoli problemi. Alla conclusiva "Conferenza mondiale per una politica dell'informazione italiana all'estero", svoltasi a Milano nel dicembre del 1996, ci si poneva un problema, ci si chiedeva se la nostra informazione all'estero rappresentasse quella multiformità di esperienze che coinvolgeva le singole comunità come ricchezza e patrimonio da non sottovalutare, ma da valorizzare con una politica quadro di intervento globale che andasse oltre gli interventi a pioggia, sino allora praticati. Una politica che premiasse le iniziative nuove in senso moderno e razionale, con interventi mirati a sviluppare un modo di fare informazione che sapesse sfruttare le nuove tecnologie, stimolando il privato e obbligando il pubblico, non a fare chiacchiere, ma a rendersi concorrente nel mercato internazionale con gli altri enti pubblici, valorizzando le nostre collettività con le loro istituzioni e gli operatori economici italiani che vivono ed operano nelle singole società di accoglimento. Ciò premesso, vediamo cosa si recitava a chiare lettere nella risoluzione finale di quella importante assise.

«La Conferenza raccoglie le indicazioni fornite dalle comunicazioni e dal dibattito e ritiene che l'Italia debba inserirsi da protagonista nella sfida globale della comunicazione, presentando al meglio le proprie realtà attuali a fianco del suo patrimonio politico-storico-culturale. Una efficace proiezione dell'immagine dell'Italia all'estero costituisce infatti un interesse prioritario per il Paese stesso e per tutte le sue comunità nel mondo. In questo quadro assume particolare valore la presenza dei COMITES e delle associazioni ed il coinvolgimento attivo delle nostre comunità, che ricomprendono tutti i cittadini italiani ovunque risiedano, anche temporaneamente, insieme ai discendenti dell'emigrazione meno recente, ai quali si deve riconoscere il ruolo di insostituibili risorse economiche, culturali e sociali e di fattori della politica estera dell'Italia anche in virtù del crescente peso assunto in tutti i campi dell'essere e dell'agire nei propri Paesi di accoglimento. La Conferenza riconosce che la ricca rete di testate della stampa scritta ed audiovisiva, che fa riferimento alle comunità ed è prodotta in Italia e all'estero, costituisce un tessuto prezioso sia per l'informazione che fornisce, sia per i vincoli di solidarietà e di coesione che favorisce. La Conferenza ribadisce l'esigenza di attuare fra le «due Italie» una seria strategia della conoscenza reciproca, che da un lato diffonda fra le comunità all'estero e nei Paesi di insediamento - anche con l'uso delle lingue locali - l'informazione più autentica e completa sull'Italia, e dall'altro presenti all'opinione pubblica italiana un'immagine dei connazionali nel mondo che, superando vecchi stereotipi e facili generalizzazioni, ne rifletta la ricchezza di esperienze e il contributo in termini di progresso e di civiltà. La Conferenza sottolinea che lo sviluppo di un'informazione aperta alle esigenze delle diverse comunità deve saper contemperare l'attenzione all'attualità della notizia con il recupero dei valori e la diffusione della lingua e della cultura italiane. Ciò appare essenziale per una più matura integrazione delle nuove generazioni anche attraverso un accresciuto senso di identità culturale nazionale, rendendole così vitali strumenti di interscambio e di cooperazione. Per il raggiungimento di tali obiettivi, la Conferenza impegna il Governo ed il Parlamento italiani alla definizione di una politica organica dell'informazione estera dell'Italia e all'adozione degli strumenti legislativi e finanziari necessari a ricondurre ad unità gli interventi richiesti, come già fanno Francia, Germania, Giappone e tutti quei Paesi che hanno compreso l'esigenza irrimandabile della globalizzazione dell'informazione nazionale come mezzo per rafforzare la propria presenza, anche economica e commerciale. La Conferenza valuta con grande interesse le iniziative già promosse dalle Regioni e dalle Provincie Autonome nel campo dell'informazione ed impegna le rispettive Giunte e i Consigli a sviluppare progetti operativi in un quadro di effettivo coordinamento. La Conferenza ritiene che l'azione delle istituzioni centrali, regionali e locali debba mirare alla razionalizzazione delle iniziative, la creazione di sinergie tra pubblico e privato, la sensibilizzazione delle grandi testate della stampa scritta e audiovisiva, la disponibilità di supporti tecnologici e pubblicitari ai media italiani all'estero - in una prospettiva di sempre più stretti raccordi con i grandi media nazionali ed esteri - e una diretta partecipazione della rete internazionale delle business communities. La Conferenza apprezza che RAI International voglia considerare gli italiani nel mondo «azionisti di riferimento» e dare il giusto rilievo all'informazione di ritorno e sostiene che ciò debba tradursi in una forte riqualificazione tecnologica, editoriale, dei programmi e delle strutture, a cui siano garantiti i mezzi adeguati. All'impegno di RAI International è altresì necessario affiancare analogo impegno della RAI nazionale, i cui canali sono ormai comunemente fruiti in tutta Europa. È auspicio della Conferenza che anche le altre reti radiotelevisive di dimensione nazionale aprano adeguati spazi alla "circolarità" dell'informazione da e verso le comunità.»

VERIFICA

Ciò premesso mi chiedo e vi chiedo: cosa è cambiato nel campo dell'informazione italiana nel mondo da quelle sacrosanti affermazioni ad oggi? Per quale motivo non si è dato corso a quelle enunciazioni e richieste con interventi legislativi mirati a realizzare una vera e propria politica dell'informazione italiana all'estero? Chi ha le responsabilità di tanto silenzio e tante inettitudini di fronte ad una richiesta pressante di informazione come quella che si è registrata alle riunioni di Montevideo, Melbourne, Toronto, Berlino e Pretoria? Nel suo intervento alla Conferenza Milano l'allora Titolare degli Affari Esteri - che è anche l'attuale Ministro - ebbe a affermare: "Sono consapevole della rilevanza di questi processi e dell'urgenza di opportuni interventi. Ho già avviato iniziative di nuovo tipo. In particolare, sia in Europa, sia in etmisferi lontani e diversi tra loro, quali quelli delle Americhe e dell'Australia, ci siamo prefissi l'obiettivo prioritario di un rilancio, anch'esso collegato alla più generale politica dell'informazione, della conoscenza e della diffusione della lingua". Dopo questa enunciazione del Rappresentante del Governo, quali sono stati i fatti concreti che ne sono seguiti? Se diamo uno sguardo a quanto emerso nei documenti delle Preconferenze, ci si rende conto che le ripetizioni sono identiche e che ben poco è stato fatto - per non dire nulla! Questo io intendo responsabilmente denunciarlo e dirlo in questa solenne occasione, affinché ognuno si prenda le proprie responsabilità. Dopo Milano, gli organi competenti - Governo, Parlamento e Regioni - non hanno predisposto nessun strumento legislativo e finanziario per raggiungere quegli obiettivi sollecitati ed annunciati dalla sfida della globalizzazione dell'informazione, in modo che potesse essere un mezzo decisivo per rafforzare la presenza culturale, economica e commerciale dell'Italia nel mondo.

PARLAMENTO

Va ricordato che in Parlamento, piaccia o non piaccia, in questo settore giace da varie legislature un solo Progetto di legge che chiede un congruo finanziamento per la carta stampata pubblicata all'estero in lingua italiana, progetto presentato dal solito Parlamentare bergamasco "amico degli emigranti", che chiede un aumento di 10 miliardi. Tremaglia, nella sua veste di Presidente del Comitato permanente degli italiani all'estero, con le audizioni ha tentato di mettere il dito nella piaga, ma nessuno è andato oltre alle promesse. Ma quali sono dunque le iniziative rivolte a migliorare e modificare l'informazione prodotta all'interno delle collettività italiane all'estero e quella che dall'Italia si rivolge al mondo e l'impiego adeguato e giusto delle nuove tecnologie?

LEGGE DI RIFORMA SULL'EDITORIA

Il 14 marzo di quest'anno il Consiglio dei Ministri ha approvato un Disegno di legge che modifica la legge sull'Editoria, la 416 del 5 agosto 1981. In base alla nuove Proposte di legge, i contributi a favore della stampa italiana all'estero passerebbero da 2 a 4 miliardi all'anno ed il criterio della diffusione sostituirebbe quello delle tirature per la concessione della provvidenza. Così è stato detto da parte della Presidenza del Consiglio, ma in concreto non si capisce bene cosa realmente significhi. Il Disegno di legge, inoltre, prevede l'istituzione di un fondo per le agevolazioni creditizie alle imprese, finalizzato alla concessione di contributi in conto interessi su finanziamenti della durata massima di 10 anni. Una quota del 5 per cento di questo fondo sarebbe stato riservato alle imprese impegnate nella diffusione dei prodotti editoriali in lingua italiana. Mentre ai giornali di partito, che sono poco più di una decina, si continua a concedere centinaia di miliardi di contributi, persino per testate quasi inesistenti, per il patrimonio editoriale che opera all'estero nella carta stampata e negli audiovisivi (i quali meritano lo stesso riconoscimento della stampa periodica), si riservano delle briciole. Il CGIE - e anche recentemente la Commissione "Informazione e Comunicazione" - in più occasioni ha fatto richieste precise, chiedendo lo stanziamento di 20 miliardi annui per dare un segnale adeguato, serio e concreto di considerazione per iniziare un corso nuovo che tenga conto delle tecnologie moderne delle singole iniziative editoriali e dei progetti mirati di interscambio informatico, che ovunque stanno nascendo come funghi. Il Governo, prima di presentare quel Disegno di legge non ebbe né tempo né voglia di chiedere il parere del CGIE, e nemmeno quello della Commissione "Informazione e Comunicazione", per aggiornarsi sulle reali esigenze in questo complesso settore, come prescritto tra l'altro dalla legge istitutiva che prevede il parere obbligatorio. Anche qui si parla di diffusione e non di tiratura della carta stampata, ma ci si dimentica di quelle testate, che ovviamente, per usufruire di tutto l'armamentario tecnologico adeguato e moderno, hanno bisogno di un supporto finanziario conforme, che non sempre viene tenuto in dovuta considerazione. Come non sembrano essere considerati quegli stages per giornalisti che operano in testate all'estero e quelle che operano in Italia, per non parlare poi della continua diffusione via internet delle emittenti radio private in lingua italiana, sparse nei vari continenti, dall'America Latina all'Oceania, all'Europa per giungere all'Africa e Asia.

STAMPA PERIODICA

Va ribadito che il ruolo ed il patrimonio della stampa periodica che si pubblica all'estero è, a mio modestissimo parere, insostituibile. Oltre ad essere un fatto culturale e un fatto sociale di aggregazione, essa è strumento di collegamento, di promozione, di confronto con le istituzioni, valorizza l'italianità e la nostra cultura, la difende e la divulga, svolge un ruolo di presentazione dell'immagine Italia, oltre ad essere portavoce delle istanze di quelle fasce meno abbienti che troppo spesso vengono dimenticate dai grandi media, i quali dispongono di corrispondenti inviati sul posto che sono quasi sempre estranei alle nostre comunità ivi residenti. Ciò premesso, vanno salutati quegli accordi tra testate nazionali ed editori locali per la stampa e la vendita congiunta di un quotidiano locale con un quotidiano italiano. Degni di essere menzionati sono gli accordi del "Clarin" con "La Repubblica", "La Nacion" e il "Corriere della Sera" a Buenos Aires, "La Voce" e il "Corriere della Sera" a Caracas, "America Oggi" e "La Repubblica" a New York, "Il Cittadino Canadese" e "La Repubblica" a Toronto, "La Fiamma" e "La Repubblica" a Sydney, "Il Globo" e "La Repubblica" a Melbourne. Un modo antico, ma nello stesso tempo nuovo di informare le nostre comunità che interessa i grandi quotidiani e i grandi editori. A ciò però deve corrispondere un'adeguata attenzione ed aiuto alla stampa periodica in lingua italiana, che non può essere certo soddisfacente con il raddoppio da 2 a 4 miliardi come previsto nel Disegno di legge governativo, se si pensa che ben 392 sono le testate giornalistiche in lingua italiana nel mondo: 213 giornali e riviste, 150 radio e 29 televisioni. Una forza immensa ed un patrimonio da valorizzare e promuovere, nel rispetto assoluto delle singole specificità ed impostazioni editoriali. Qualcuno ha criticato che la stampa d'emigrazione in generale è povera, è carente. Nessuno, però, si è mai preoccupato di informarsi sulle condizioni in cui essa è costretta ad operare per fare informazione e formazione. Nessuno si è preoccupato di contribuire ad elevare professionalmente, con idee e fatti, queste imprese editoriali, che sono talvolta un fatto eroico, e che devono instaurare o forse riscoprire un giusto rapporto con le istituzioni. Perché, ad esempio, la pubblicità viene abbondantemente riservata quasi sempre solo alla stampa locale? Le istituzioni non devono solo pretendere, ma anche cooperare, facendo conoscere agli editori almeno quel poco che la legislazione italiana riconosce loro. Infatti, numerose sono le testate che hanno tutti i requisiti per chiedere il contributo, ma non vengono informate dai Consolati su questa opportunità o su altre.

ENTE PUBBLICO RAI

Nel corso del 2000 è stata rinegoziata la convenzione RAI e Presidenza del Consiglio per le trasmissioni in 26 lingue di programmi e notiziari informativi radiofonici in onda corta per l'estero, al fine anche di soddisfare un adeguato livello di informazione delle comunità italiane nel mondo. Programmi che non si riesce a seguire neanche nei Paesi d'Oltralpe. La Farnesina ha iniziato finalmente a monitorare i programmi tramite le sue strutture. In tutte le Conferenze preparatorie è stata ampiamente denunciata questa carenza, e chiesto che venisse potenziato il segnale radio con le varie forme che la tecnologia moderna mette a disposizione tramite il rilancio del segnale con i relais. La Farnesina partecipa ai lavori di un apposito Comitato interministeriale con il compito di indirizzo e consulenza presso la Presidenza del Consiglio. Anche qui i rappresentanti degli utenti, cioè degli italiani all'estero, non sono stati coinvolti. È da questo pulpito che io chiedo formalmente la presenza dei rappresentanti degli utenti in questo consesso, cioè la rappresentanza della "prima Commissione" del CGIE. È troppo facile escludere gli interessati e a posteriori piangere sul latte versato, dando ragione a chi, come noi, giustamente protesta. L'impegno più rilevante nel settore dell'informazione proveniente dall'Italia rivolto all'estero è quello realizzato dal 1994 ad oggi da RAI International, che ovunque viene giustamente criticata per i contenuti inadeguati, per i palinsesti squinternati e per il segnale troppo debole. Non entro nel merito dello specifico; dico solo che un ente pubblico che pretende di fare informazione all'estero deve avere i mezzi adeguati per poterlo fare. Per capirci bene: deve essere messo in condizione di poterlo fare! Se si pensa che la Deutsche Welle, che svolge un simile servizio nel mondo, ha un finanziamento di circa 900 miliardi annui e RAI International dispone di soli 75 miliardi, di cui una parte cospicua (50 circa) viene deviata in altre strutture rivolte ad accontentare corporazioni interne, lasciando a RAI International la modica somma di 25 miliardi circa per programmare, pagare i canali satellitari e i ripetitori delle onde corte, i traduttori dei programmi in 26 lingue, i 25 giornalisti e i diritti d'autore, rimane ben poco per quella programmazione che noi da tempo sollecitiamo. Il tutto in uno stato di precarietà scandaloso, denunciato con fermezza e insistenza anche dall'On. Franco Danieli, Presidente del CGIE, che a chiare lettere lo ha ripetuto anche durante un recente convegno realizzato alla Farnesina su "RAI International e l'informazione italiana nel mondo". Nonostante ciò, in Viale Mazzini hanno fatto, e continuano a fare orecchie da mercante. Il nuovo direttore di RAI International, a conferma della sua disponibilità, invitò per la prima volta la "nomenclatura della emigrazione" (Presidente del CGIE, Segretario Generale, Presidente del Comitato permanente degli Italiani all'estero e il Presidente della prima Commissione "Informazione e Comunicazione" del CGIE) a presenziare alla presentazione del nuovo programma editoriale a Saxa Rubra, anche se si trattava di un fatto interno dell'azienda. Un gesto significativo ed importante da non sottovalutare, che nessun predecessore ci riservò, ma che deve servire ad instaurare un rapporto nuovo e corretto nel rispetto dei ruoli e delle funzioni per superare insieme i problemi che ci troviamo di fronte. Certo, se la RAI produce programmi scadenti per gli italiani in Italia, non ci si può illudere che per gli utenti sparsi in cinque continenti vengano somministrati programmi migliori. Una cosa però è certa: bisogna che RAI International tenga conto di dove trasmette il proprio segnale. Lo fanno tutti gli enti pubblici che si rivolgono all'utenza fuori dei loro confini (vedi BBC, Deutsche Welle, la TV portoghese, tanto per citarne alcuni). L'idea di un "giornale-radio" di RAI International forse va incontro a questo problema e a questa esigenza.

CRIPTAGGIO

In Europa il discorso è diverso, perché chi dispone di un'antenna parabolica ha a disposizione un'ampia gamma di programmi in lingua italiana. L'ente pubblico, che dovrebbe informare compiutamente, per la famosa storia dei diritti cripta regolarmente una lunga serie di programmi sportivi, culturali e persino i cartoni animati che si rivolgono ai bambini. A nulla sono valse le proteste dei Comites e del CGIE, nonostante le promesse del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all'Informazione e all'Editoria durante una audizione con il Comitato permanente degli italiani all'estero, in cui egli ipotizzava una convenzione ad hoc con la RAI per risolvere il problema. Criptaggio che crea persino problemi ai distributori esteri del segnale di RAI-Uno via cavo, che non vogliono confrontarsi con questo "fastidio tecnico", provocando così, come ad Amsterdam o a Liegi, il buio del segnale.

INFORMAZIONE DI RITORNO

In tutto questo contesto, come si realizza e si innesta l'esigenza ovunque manifestata per una adeguata informazione di ritorno? A Milano fu proprio il Capo del Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dott. Mauro Masi, a incorniciare di contenuto il problema, mettendo il dito nella piaga: "È giunto finalmente il momento di dare prova di maturità, di avere cioè raggiunto una fase realmente adulta nel percorso di crescita, riconoscendo che la nostra identità nazionale non può essere conosciuta appieno se in essa non si comprende l'evento, certo doloroso in termini di costi umani, ma anche ricco di risultati positivi per il progresso civile ed economico degli altri Paesi, rappresentato dalla emigrazione italiana. Si tratta di una linfa vitale che ha circolato per il mondo, e la cui attuale realtà non può essere relegata nella soffitta delle memorie storiche del nostro Paese. Occorre aprire la porta di quella soffitta, far luce sui mille e mille percorsi di una vicenda certamente non marginale della storia contemporanea che ci appartiene come popolo, pur nelle angustie e nelle trasformazioni che il presente ci propone. Il ruolo fondamentale che in tale prospettiva è destinata a ricoprire l'informazione di ritorno sta proprio nella sua capacità di riproporre al Paese ed alla classe politica, in vista delle scelte che a quest'ultima competono, quella memoria storica alla quale ho fatto cenno". A questo punto e ricordando quanto detto cinque anni fa, mi chiedo e chiedo al Dottor Masi: cosa ha fatto il suo importante ufficio istituzionale per "aprire le porte di quella soffitta", per invitare o per obbligare i media italiani a riservare tempo, spazio ed approfondimento alla informazione di ritorno? Perché nelle convenzioni miliardarie che la Presidenza del Consiglio fa con l'ente pubblico RAI, con i grandi editori, con le agenzie nazionali non viene a chiare lettere inserito in varie forme e collocazioni l'obbligo dell'informazione di ritorno? Recentemente, a Montecitorio, si è svolta per la prima volta la Conferenza dei Parlamentari di origine italiana. Una iniziativa di eccezionale valore politico e di importanza strategica. Ebbene, oltre ad essere stata disertata dal Governo e da buona parte dei Parlamentari nostrani, la cronaca di questa giornata-evento è stata sintetizzata in quattro righe apparse su "Il Tempo" di Roma e ha avuto solo un sporadico accenno in un canale TV. C'è qualche cosa, quindi, nel firmamento dell'informazione italiana che non funziona e che noi dobbiamo cercare di capire e comprendere. Il provincialismo però sembra prevalere sul buon senso e sulle cose serie, che sono per loro lontane, per cui non le conoscono. Compito nostro è quello di avvicinare le nostre realtà alla loro, rimuovendo le croste che stanno soffocando un patrimonio di grande valore e potenzialità che altri ci invidiano. Ovunque, ed in particolare dagli ambienti giovanili o legati alle nuove generazioni, ma non solo, c'è desiderio di sviluppare nuove forme di multimedialità, attraverso le nostre comunità nei cinque continenti, collegandole alla madrepatria. Vanno quindi sostenute tutte le iniziative volte alla creazione di siti internet e di notiziari telematici con diffusione delle notizie online e tramite posta elettronica.

AGENZIE DI EMIGRAZIONE

Qui possono avere un grande ruolo le cosiddette agenzie specializzate della emigrazione (AISE, GRTV, INFORM, Italian Network, News Italia Press, Pronto Italia/ADN-Kronos, ecc.), che non devono solo riportare, ma devono approfondire ed analizzare, specializzandosi in settori specifici. Se non avessimo avuto questo patrimonio l'oscurantismo su tutte le questioni riguardanti l'emigrazione sarebbe stato ancora più intenso. Anche questo patrimonio deve essere trattato in forma equa e corretta, mettendo le singole testate in condizioni di poter veramente operare insieme su un piano di parità, riconoscendo anche a loro quella professionalità che qualcuno con troppa facilità e ignoranza nega.

CONCLUSIONI

Dopo aver fatto queste "disordinate considerazioni", dove ho cercato di mettere il dito sulla piaga, e che sono frutto dello stato d'animo esistente nelle nostre comunità ed in particolare fra gli operatori dell'informazione - che io qui saluto e ringrazio - concludo con una domanda che mi pongo e vi pongo. Il Parlamento ha approvato le modifiche costituzionali (proposte dall'On. Mirko Tremaglia ed altri) per permetterci l'esercizio del sacrosanto diritto di voto all'estero. Ma uno Stato serio, evoluto e moderno, come è la nostra Italia, può mai illudersi che una così importante occasione di vita democratica si possa affrontare con una struttura d'informazione in lingua italiana nel mondo carente, che fa acqua da tutte le parti? Leggendo sempre gli atti della Conferenza di Milano, l'On. Dini nella relazione finale ebbe a dichiarare: "Mi pare che il nostro compito, sia come Ministro degli Affari Esteri e Governo che come CGIE, sia ora quello di assicurare che queste raccomandazioni, questi propositi, vengano tradotti in realtà e in particolare di effettuare un monitoraggio sulla qualità di ciò che verrà fatto a seguito di questa Conferenza". Senza correre il pericolo di dire menzogne, possiamo obiettivamente affermare che da quel dicembre di cinque anni fa nulla è stato fatto. Una drammatica constatazione che ci deve tutti, ripeto tutti, preoccupare, obbligandoci a rimboccare le maniche. Bisogna insieme voltare pagina, bisogna andare oltre, bisogna anche in questo delicato e vitale settore ritrovare quella unitarietà degli intenti per porre fine a questa insostenibile situazione di abbandono generale. Bisogna realizzare quanto sollecitato e chiesto dalla "Conferenza sull'informazione" organizzata dal CGIE, contenuta in ben quattro monumentali volumi che hanno fotografato lo stato di disagio, riportando fedelmente le nostre esigenze e le nostre proposte risolutrici. Già allora veniva sottolineato fortemente il concetto che "gli italiani nel mondo sono una risorsa per l'informazione". Ma tale risorsa può essere sfruttata solo se gli strumenti proposti sono messi in condizione di poter realmente operare. Questo noi lo dobbiamo dire in questa assise al Governo, al Parlamento ed alle Regioni, affinché ognuno faccia la loro parte. E all'estero faremo -come abbiamo sempre fatto - la nostra.