Vi
è qualcuno che in qualche meandro romano sta fomentando un clima di
contrapposizione nell’ambito delle istituzioni preposte alla realizzazione di
una autentica politica della emigrazione italiana. Va premesso che la questione
degli “Italiani nel mondo” è da sempre stata una palla al piede dei vari
governi italiani del dopoguerra che consideravano gli italiani all’estero un
semplice concentrato di fastidiosi problemi irrisolti, le cui soluzioni dovevano
essere rinviate regolarmente alle calende greche (vedi voto all’estero).
Questo stato di cose era purtroppo possibile perché gli italiani nel mondo non disponevano di quella forza contrattuale eccezionale che è alla base di ogni democrazia e di ogni libera società, rappresentata dall’esercizio del diritto di voto nei luoghi di residenza e dalla elezione diretta dei propri rappresentanti parlamentari. L’essere riusciti a realizzare questo miracolo, che ha dato inizio alla stagione dei diritti, non sembra essere stato ancora digerito da coloro che, emigrando nelle varie parrocchie, avevano sempre remato contro, ma che ultimamente non si potevano più opporre all’onda lunga della emigrazione italiana, che aveva giustamente individuato in una parte ben precisa della Sinistra di casa nostra i naturali avversari del voto all’estero.
Da questo profondo complesso, che certuni si portano ancora dietro, nasce l’equivoco e il comportamento incomprensibile di coloro che, illudendosi di contare di più, tentano di esportare i partiti italiani all’estero, con le loro diatribe, per lottizzare il già lottizzato e dividere ulteriormente le collettività, sminuendo così quel peso reale contenuto a chiare lettere nella sintesi delle storiche riforme costituzionali che sanciscono la “Circoscrizione estero”, la sua legittima rappresentatività e l’eventuale esistenza di un gruppo parlamentare degli Italiani nel mondo unico, che conti e pesi in Parlamento, facendo sì che i parlamentari eletti non siano i soliti servitori degli interessi partitocratici di qualcuno. Certo questo è un percorso non facile che troverà sicuramente degli ostacoli che insieme però bisogna cercare di superare, rispettando le sensibilità e le diversità altrui.
Se andiamo poi a vedere le recenti affermazioni di certuni che pretendono di collocare la nostra emigrazione da una parte politica anziché da un’altra, o di coloro che vengono al CGIE lanciando a squarciagola alcune roboanti denunce per poi essere clamorosamente smentiti dai fatti e persino dallo stesso segretario generale del CGIE (vedi lettera a pagina 4).
Brutta figura quella di Danieli, già sottosegretario di Stato alla emigrazione di precedenti governi, che non ha certo brillato per la sua efficienza e che trova ora il coraggio di inveire con particolare acredine contro chi, fra mille difficoltà, cerca di dare linearità e concretezza ad una seria politica della emigrazione, lasciando fuori dalle porte gli interessi di bottega e i mali cronici della partitocrazia.
Ma perché gli “addetti ai lavori”, “corvi romani” compresi, non cercano di dare uno sguardo obiettivo a quello che il Ministro per gli Italiani nel Mondo ha con successo concretamente realizzato da quando egli ha ricevuto l’incarico dal Presidente Berlusconi, confrontandolo con i precedenti periodi che hanno visto sui nostri orizzonti sempre o quasi sempre il buio profondo?
Se i fatti concreti devono essere sempre alla base del riscontro per giudicare la politica, il ricco elenco non può non iniziare con la votazione del Senato del 20 dicembre 2001, che ha visto l’approvazione della legge ordinaria per l’esercizio del voto all’estero, con il quasi 60 per cento dei parlamentari dell’Ulivo, non a caso, assenti. Ripetiamo: non a caso assenti!
All’ “amico” Danieli chiediamo: perché tale legge non è stata fatta approvare mentre lui era al governo e il Centrosinistra aveva la maggioranza in Parlamento? Negli ultimi decenni, gli oltre cento consolati italiani sparsi nei cinque continenti non sono mai riusciti a raggiungere l’organico del personale, come è avvenuto invece ultimamente con l’assunzione dei 360 contrattisti per le anagrafi consolari (che i sindacati della trimurti considerano offensivo alla onorabilità del personale di ruolo) e di altri 36 impiegati fatti giungere in Argentina a seguito della grave crisi esistente in quel Paese.
Anche Fassino, quando era sottosegretario alla Emigrazione recepì la richiesta - che giunse non a caso da Stoccarda e da quel locale Comites - riguardante il passaporto gratuito e l’esigenza del rinnovo ogni dieci anni, dimezzando così il lavoro e i costi nei consolati. Molti anni orsono lo annunciò ad una sessione del CGIE, ma poi finì nel dimenticatoio del solito meandro ministeriale. Ora la legge che sancisce il rinnovo decennale del passaporto è stata approvata. Perché anche questo provvedimento non è stato fatto prima?
Solo qualcuno che è in malafede e che ha i paraocchi non riesce a comprendere il significato che ha, per l’emigrazione italiana, la tragedia di Marcinelle. Lo scorso anno per l’8 di agosto, per la prima volta nella storia della Repubblica, è stata ufficialmente istituita la “Giornata nazionale del sacrificio e del lavoro italiano nel mondo” con l’uscita di un francobollo ufficiale delle Poste italiane.
Perché tali “insignificanti” iniziative non sono state fatte con i governi Prodi, Dini, o D’Alema?
Vi è qualcuno dalle splendide montagne svizzere che, dopo essere stato sonoramente sconfitto all’ultima sessione del CGIE - durante la quale è stato approvato “l’emendamento Nania”, con l’astensione di soli 6 voti, riguardante la maggiorazione sociale per i pensionati all’estero - continua a ritenere negativo l’aver portato a casa per i pensionati italiani (nonostante i meccanismi perversi di assegnazione che si stanno predisponendo) i 120 miliardi di lire per il 2003, 120 miliardi di lire per il 2004 e i 120 miliardi di lire per il 2005, cosa mai accaduta.
Ciò nonostante, costui continua dalle colonne di un “foglietto” ad inveire contro il governo “reo”, secondo lui, di “non aver fatto nulla per l’emigrazione”. Persino i suoi compagni di cordata, all’Assemblea generale dei sindacati della Farnesina del 10 gennaio scorso, hanno protestato (vedi volantino a pag. 7) perché il Parlamento ha tolto finanziamenti dai capitali del bilancio della Farnesina per destinarli (come dicono i sindacati) “ai pagamenti delle pensioni degli italiani all’estero”. L’ultima Finanziaria, con l’emendamento Pedrizzi, ha riconosciuto con un adeguato finanziamento il risarcimento ai rimpatriati dalla Libia e dalla Tunisia. Risarcimento promesso regolarmente dai vari governi, ma mai definito.
Si potrebbe continuare a lungo con i raffronti delle cose concretamente realizzate dal Ministro Tremaglia, che riguardano la questione dei bambini contesi, della doppia cittadinanza, dell’assistenza medica per i connazionali che risiedono nei Paesi extracomunitari, delle espulsioni in Germania, dei ritardi dei contributi ai Comites, dei ritardi dei contributi agli enti gestori nel settore scolastico, per non parlare dello sfacelo esistente in buona parte degli Istituti italiani di cultura, della realizzazione di convenzioni mirate con l’ente pubblico RAI per l’informazione di ritorno, della concessione della pubblicità istituzionale da sempre rivendicata e mai concessa, dell’aumento dei contributi sull’editoria, della societarizzazione di Rai International, solo per citare alcuni dei tanti problemi che sono continuo oggetto di attenzione da parte del Ministro degli Italiani nel Mondo che si dichiara, non a caso, Ministro del CGIE e, quindi, delle nostre collettività che vivono ed operano all’estero.
Perché quindi tanto fiele inutile e tanto settarismo per alterare una verità che nessuno può cancellare, che è sotto gli occhi di tutti e che conferma l’esistenza vera ed autentica di una politica per l’emigrazione che non c’è mai stata finora? Una politica che i “corvi romani” e i loro “accoliti” vorrebbero nascondere, ma che, nonostante i velenosi laccioli dei “burocrati ministeriali” intanati alla Farnesina che da sempre remano contro le conquiste democratiche e sociali della nostra gente all’estero, esiste - e si vede.
Bene ha fatto quindi l’On. Mirko Tremaglia, incontrando recentemente il Comitato di Presidenza del CGIE, a far conoscere il suo punto di vista su queste delicate questioni, riaffermando la sua centralità. Solo in questo modo l’emigrazione potrà riuscire a contare, se rimarrà unita nelle diversità! Gli italiani all’estero - si leggeva recentemente in un lungo comunicato del CTIM hanno ora con Tremaglia una opportunità ulteriore per crescere, cercando con le riforme in atto un giusto ruolo per il CGIE e i Comites, per meglio servire le esigenze concrete della nostra gente all’estero che il mondo politico regolarmente ignora e trascura.