Gli amici dei nemici

di Gustavo Selva  presidente dei deputati di An - 13 marzo 2001

L'on. Gustavo Selva, presidente dei deputati ANE' stato soltanto a seguito della mozione della Casa delle Libertà sulla vicenda Telecom Serbia che il ministro Dini ha dovuto riconoscere, a denti stretti, l'esistenza alla Farnesina di documenti indirizzati al suo Gabinetto e personalmente anche all'allora sottosegretario agli Esteri Fassino, oggi ministro e candidato vicepremier di Rutelli. Del contenuto di questi documenti avrebbero dovuto parlare, alla Camera e al Senato, i ministri Dini e Toia che invece, non rendendoli noti, hanno mentito. Non è vero, infatti, che, come sostiene Dini, 'tutti i documenti in possesso della Farnesina' siano stati portati a conoscenza del Parlamento. Il ministro Dini risponda piuttosto, anche per facilitare le indagini della Procura di Torino, se accetta la mia sfida di denunciarmi come 'trafugatore'.

Il ministro degli esteri, Dini, ha detto che i documenti, da cui risultano le responsabilità del Ministero, dell'allora sottosegretario Fassino e sue personali, nella vicenda Telekom Serbia sono stati trafugati. Voglio dirgli che se c'è un trafugatore quello sono io. Farebbe bene, perciò, a non cercare inesistenti capri espiatorii all'interno del Ministero ma a sporgere denuncia contro di me all'Autorità Giudiziaria, in modo che la Procura di Torino che sta indagando possa avere elementi nuovi per la sua inchiesta. Il problema, evidentemente, è sapere se le carte sono vere o false. Quei documenti non sono "proprietà privata" del Ministro Dini il quale avrebbe dovuto spontaneamente portarli in Parlamento, anziché fare di fronte alle Camere un'autodifesa sostenendo di non sapere quello che, invece, era ben noto a lui e al suo sottosegretario Fassino, oggi Ministro della Giustizia e candidato vice premier di Rutelli. Le carte contengono particolari molto imbarazzanti, che smentiscono la tesi del ministro e che perciò si voleva che rimanessero sotto chiave nei cassetti del Ministero.

Al Ministero degli Esteri, durante la gestione Dini-Fassino, nessuno dei due leggeva i documenti. Il ministro Dini, infatti, ha detto ai giornalisti con tono stizzito, di non aver letto e di non leggere i telegrammi perché al ministero ne arrivano mille al giorno. Il ministro della Giustizia Piero Fassino, da parte sua, è muto come un pesce, pur essendo nominativamente il destinatario di tutti i telegrammi che facevano riferimento ai "rapporti bilaterali con la Repubblica Federativa di Jugoslavia" per la quale aveva la delega dove era stato più volte in missione ufficiale. Fassino non ha sentito il dovere di intervenire in Parlamento nemmeno per chiarire il contenuto del telegramma dell'ambasciata con la relazione sul suo incontro con il dittatore Milosevic durante il quale trattò della partecipazione finanziaria italiana al sistema delle telecomunicazioni in Serbia. L'ambasciatore d'Italia a Belgrado, indirizzandosi anche personalmente e riservatamente a Fassino alla fine del 1996, ribadiva che l'àncora di salvez-za gettata a Milosevic (con i soldi pagati dalla Telecom per l'acquisto del 49 per cento della Telekom Serbia, poi ceduta per il 20 per cento ai greci) "servirà per occultare la gravità della situazione e sfuggire a decisioni e ri-forme urgenti, probabilmente anche per finanziare i traffici dei suoi protetti e assicurarsi così dei sostanziosi contributi alla sua campagna elettorale". Nell'ipotesi che un giorno l'opposizione vada al potere (come di fatto è avvenuto) l'Ambasciatore d'Italia notava che "l'investimento nel campo delle telecomunicazioni della Serbia comporta per l'investitore estero un rischio finanziario oltre che politico". Il Ministro Fassino, oggi candidato vice premier di Rutelli, fa calare sull'intera vicenda un "assordante" silenzio di cui per lo scioglimento delle Camere non è possibile chiedergli conto. Tuttavia, in una democrazia trasparente, non mancano al ministro Fassino i mezzi per dare dimostrazione del suo "senso dello Stato", chiarendo quale ruolo abbia avuto anche negli eventuali lati oscuri su cui sta indagando la Procura di Torino.