Forza Silvio

di Gianni Baget Bozzo

Undici Regioni affidate a una maggioranza dell'Unione - cioè all'alleanza di postcomunisti, di neocomunisti, democristiani di sinistra e sinistra varia - vogliono dire che la grande macchina clientelare della sinistra è all'opera. E' una macchina che ha perfezionato la sua opera in Regioni, come quelle dell'Italia centrale, in cui il controllo sociale è stato interiorizzato spesso anche da chi ne dissente. E in certe Regioni, come le Marche e la Campania, si comincia a notare un lento fenomeno di assimilazione al rosso fosco dell'Italia centrale. Clientelismo e controllo sono il modo mediante cui il modello emiliano e toscano si è realizzato e si diffonde.

Queste sono verità note, e certo non riguardano il comunismo sovietico ma quella variante debole che ne è stato il comunismo italiano, una sorta di «leninismo debole» in cui la libertà diventava possibile a costo di essere insignificante e impotente.

La sconfitta della Casa delle Libertà è pesata su Forza Italia e questo perciò indica che la sinistra proclamerà la fine del berlusconismo. Ma in realtà, finché esisterà questa macchina da guerra della sinistra, inevitabilmente la percezione di essa determinerà un riflesso di differenza e di resistenza. Berlusconi è stato il protagonista negativo di questa campagna, oggetto di una violenza verbale senza limiti che l'estrema sinistra usa in televisione negli spazi assegnati alla par condicio, e che gli altri partiti della sinistra hanno egualmente assunto come loro motivazione politica.

La tradizione postcomunista si vede in questa demonizzazione dell'avversario che non è in nessuna delle tradizioni dei partiti di centro pur associati alle liste uliviste. La campagna elettorale dell'opposizione è stata tutta centrata sul tema Berlusconi, costruendo un mito negativo che sostituiva ogni indicazione di alternative programmatiche. Da questo punto di vista è stato un errore di Forza Italia il non politicizzare la campagna elettorale regionale che era tutta antiberlusconiana, e che quindi era una campagna elettorale non regionale ma politica a cui nulla si è contrapposto, perché la campagna della Casa delle Libertà e soprattutto quella di Forza Italia è stata tutta affidata ai presidenti regionali: il che è istituzionalmente corretto, ma non tiene conto di chi sono veramente gli avversari politici che il centrodestra fronteggia.

Forza Italia, seguendo Berlusconi, si è concentrata sull'operato del governo e sul Contratto con gli italiani, sottolineando sull'attività istituzionale tutto il messaggio politico. E questo è stato un errore. Berlusconi ha creduto che fare bene bastasse e che la soddisfazione della coscienza fosse un vantaggio politico: il che è moralmente corretto ma politicamente non pagante. Bisognerebbe predicare al presidente lo slogan di Charles Maurras: «politique d'abord», politica innanzitutto. E la politica è la definizione di un nemico, diciamo - democraticamente - di un avversario: il linguaggio diverso indica il metodo ma non toglie il senso. Occorreva che il berlusconismo invadesse la campagna elettorale visto che essa era invasa dall'antiberlusconismo.

E' singolare che gli alleati di Forza Italia sostengano che parlare di comunisti è evocare il passato. Ma questa è una fuga dal presente, che gli italiani sperimentano. E d'altro lato come si fa a respingere una campagna di delegittimazione fermandosi sul politicamente corretto, che vuol dire conforme al linguaggio della sinistra? Adottare la correttezza formale e parlare di programmi a chi non parla di essi ma di odio puro è cadere nella rete dell'avversario: e questo è l'errore che, indipendentemente dal caso Mussolini, fanno gli altri componenti della Casa delle Libertà.

La sconfitta di Forza Italia si deve principalmente agli astenuti che si muovono solo sulla base di motivi forti, e quindi anche negativi: come del resto fanno i votanti per la sinistra, che hanno questi motivi negativi incorporati in sé e usati tutto l'anno, non solo nei giorni elettorali. Vi è certo un altro problema, quello di spiegare agli elettori la recessione europea e il peso dei vincoli europei, delle concorrenze sleali, dei meccanismi bancari che rendono difficile nel Sud il decollo della piccola industria. Occorre parlare agli italiani della loro vita quotidiana e non solo di ciò che il governo fa per essi.

Ora comincia la nuova campagna elettorale, in cui bisogna parlare della vita quotidiana del popolo e rispondere con la delegittimazione ideale a chi usa la diffamazione in chiave di odio personale. Berlusconi dovrà scendere in campo come leader politico e non come presidente del Consiglio. Inutile ormai per noi rimproverare agli alleati i «casi» Mussolini e Rotondi. Ormai occorre dare l'esempio di una mobilitazione politica permanente che diviene il compito principale di Silvio Berlusconi. Perché, grazie a Dio, il berlusconismo è vivo e cammina in mezzo a noi.