Due elezioni, nessuna via d’uscita.

Lorenzo Matteoli

Il 14 Gennaio 2003 il New York Times pubblicò un editoriale di commento preventivo delle elezioni in Chechnya con il titolo: “Un Referendum fraudolento”. “L’idea che nell’attuale clima di intimidazione si possa effettuare una verifica onesta della pubblica opinione dei Ceceni è grottesca”. Il 31 Gennaio 2005 il New York Times pubblica un editoriale firmato da Bartle Breese Bull sulle elezioni in Iraq: “Gli Irakeni hanno eletto l’unico governo legittimo tra Istanbul e Nuova Delhi. Il prestigio e la forza morale della rappresentanza popolare non può essere negato, nemmeno da Washington”. L’Armata Rossa in Chechnya, la US Army in Iraq. I cattivi di la, i buoni di qua. Auguro agli Irakeni tutto il bene del quale hanno bisogno e che si meritano, ma non possiamo lasciarci ingannare dai nostri buoni desideri. La “insurgency” dopo le elezioni diventerà la lotta dei Sunniti per riprendere il controllo che hanno perso con la caduta di Saddam. I membri eletti del nuovo parlamento libero e democratico dell’Iraq saranno minacciati, uccisi e video-giustiziati nel nome di una delle tante Jihads con la benedizione di più di uno dei molti disponibili Imams.

Il Parlamento libero e democratico dell’Iraq approverà leggi senza nessuna speranza che possano essere applicate perchè la legge sarà dettata dai suicidi-bomba e dalle auto-bomba. Il modello di comportamento dell’Esercito Americano che ha provocato il drammatico cambiamento nella opinione pubblica Irakena dopo i primi giorni di entusiasmo non cambierà: la cultura di Rumsfeld sarà sempre al potere, il modus operandi dei militari e dei mercenari assoldati per servizi di sicurezza che attraversano Baghdad a tutta velocità per evitare attacchi e “ordigni esplosivi informali” (IED) provocheranno incidenti, morti, dolore, odio e desiderio di vendetta. I suicidi-bomba e gli “ordigni” continueranno a uccidere militari e civili, alimentando la spirale di odio e la sete di rappresaglia. La differenza sarà che la illusoria ipotesi di “strategia di uscita” fornita dalle elezioni non ci sarà più. La domanda è “qual’è la strategia di riserva?” Altre elezioni? La negazione dell’evidenza non consentirà mai una strategia operabile, men che meno una “strategia di uscita”. Qualcuno pensa che Bush o Rumsfeld ammetteranno mai i loro errori? Il vero problema è la loro convinzione di essere nel giusto: Machiavelli consigliava al Principe di usare saggiamente la menzogna, ma non di mentire a se stesso. L’ottimismo è obbligatorio: ciò è particolarmente vero quando le cose vanno di male in peggio. Per questo desidero sinceramente che il futuro mi smentisca.