Così la sinistra controlla il consenso elettorale

di Paolo Della Sala *

Una sconfitta non si discute, tanto meno una sconfitta netta come quella delle regionali 2005, e a caldo è difficile fare analisi lucide. Qualcosa però si può dire, pur con beneficio di inventario. Perché l’Ulivo ha intercettato lo spostamento di voti? Si dice: è a causa della crisi economica. Lo ha affermato lo stesso Berlusconi, in Porta a Porta, prima ancora del voto. E’ indubbiamente vero che dal 2001 a oggi le elezioni in tutta Europa hanno sempre premiato le opposizioni, a causa della pesante crisi economica. Ma questo, tuttavia, non spiega tutto. Ad esempio, gli elettori di Genova erano “governati” da un sindaco unionista, da un presidente della Provincia unionista. Il presidente uscente della Regione era invece della CdL. Possibile che le colpe della crisi economica siano state imputate tutte alla Regione, e non al Comune e alla Provincia? Come mai allora Napoli ha votato -in dimensioni bulgare- per Bassolino? Eppure si tratta di una regione -ognuno lo vede- dall’economia sfasciata, con una organizzazione del territorio disastrosa (si pensi alla gestione dei rifiuti), con una situazione sociale degradata e degradante, nella quale la camorra e la cultura dell’illegalità non solo non sono sconfitte, ma sono più forti che mai. Se la Campania fosse governata dalla destra, l’Unità spiegherebbe l’arcano attribuendone la colpa al controllo dei voti da parte della camorra. Non sarebbe strano: è la spiegazione offerta dopo le elezioni in Sicilia... La chiave di lettura dell’economia, comunque sia, non spiega la sconfitta. Non la spiega tanto più se focalizziamo le quattro regioni dove maggiore è la presenza della Casa delle Libertà: Lombardia, Veneto, Lazio e Puglia. Si tratta delle zone che più contribuiscono alla ricchezza nazionale, dove maggiormente è diffusa la libera imprenditoria, dove è minore la gestione del territorio e dei capitali da parte delle sinistre, dove c’è minore cultura assistenzialista. A queste regioni si avvicina anche il Piemonte -dove non a caso la forbice tra i due schieramenti è piccola. Tuttavia a Torino governa un apparato industriale modellato sul capitalismo di stato, l’imprenditoria è concentrata ancora nelle mani della Fiat e dei suoi addentellati, c’è una marea di dipendenti desiderosi di politiche di tutela a “prescindere”. Nelle altre quattro regioni industrializzate (non contiamo l’Emilia e Romagna, caso di capitalismo di stato ad alto controllo, da un secolo a oggi), la percezione della crisi economica non ha spostato i voti degli elettori. No, la spiegazione economicista, da sola, non spiega tutto. La politica estera di Berlusconi è peraltro percepita correttamente dalla popolazione: non è certo colpa dell’alleanza con Blair e Bush questa débacle. Allora occorre guardare altrove. Intanto proprio il punctum dolens, l’anello debole di Berlusconi, ciò per cui egli viene messo in croce dal gruppo De Mita-De Benedetti-Prodi da 25 anni almeno: il supposto “dominio” dell’informazione. Berlusconi non controlla l’informazione politico-sociale, anzi ne è vittima sacrificale, come lo erano i democristiani. Ma lui ha meno potere di Andreotti. Secondo punto: il “partito leggero” non va. L’Italia è uno stato inguaribilmente bisognoso di leaders, e sottolineo il plurale, perché nel plurale sta la differenza. Infatti le sinistre hanno -da sempre-, dal 1919 a oggi, il controllo incontrastato dei governi periferici: è questo il vero potere reale. Attraverso sindacati e sindaci si controlla l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. Anche nel governo centrale, i prodiani sono gli unici in grado di riaprire il “mercato” dei concorsi pubblici: scuola, sanità, stato e parastato. Inoltre le sinistre, che pure sono accredidate come “ambientaliste”, gestiscono da decenni la cementificazione del paese. Si tratta di cifre gestite in chiave di monopolio dalla Lega delle Cooperative. Il mercato edile, in questi anni di crisi, è diventato la vera Borsa Valori, offre rendimenti alti e sicuri. E se poi il mattone, oltre a offendere la vista, ha di fatto bloccato l’economia immobilizzando i capitali, chi se ne frega: la percezione popolare è che invece sia Berlusconi il cementificatore del paese. Ma il controllo non è solo del mercato edile: è anche delle corporazioni, sul modello del sistema di riferimento, il fascismo. Così architetti, ingegneri, insieme alle corporazioni dei medici e dei professori, sono dalla parte dell’Unione. C’è di più: la forza di avere la Legge dalla propria parte, alla lettera. Chi può negare che la corporazione dei magistrati è dalla parte di Prodi? Certo apparire come i “difensori della legge”, è una pubblicità straordinaria e gratuita, un surplus favoloso. L’imputato per l’affare SME è Berlusconi, invece di Prodi. Senza dimenticare, come si fa, le depenalizzazioni sul finanziamento al PCI da parte sovietica, gli appalti di Nomisma sulle Ferrovie etc. Aggiungiamo la massiccia dimostrazione di potere esercitata in supporto alla lista Mussolini. Sono queste esibizioni a convincere gli indecisi: la clamorosa notizia iniziale, subito dirottata dalla mossa veltroniana sugli archivi comunali letti indebitamente, fino alla allucinante sentenza del Consiglio di Stato e alla riammissione del colpevole nella parte della ragione. Una considerazione sui candidati e su alcune persone che formano la “classe dirigente” della CdL: il livello qualitativo di molti rappresentanti, a Roma e ancora più in periferia, è scadente. Chi comanda in Italia? Berlusconi deve costruire un partito che sia in grado di radicarsi nel territorio, che entri nella gestione dell’economia quotidiana, che abbia il controllo degli uffici tecnici comunali, che sia in grado di contrastare il monopolio prodiano sulla possibilità di allargare un muro di casa propria e mandare un figlio a lavorare in comune. Sono queste le cose che gli elettori guardano. Mentre negli Stati Uniti il legame tra politici e mondo della finanza e dell’economia è basato su lobbies-finanziatrici, che mantengono comunque una separazione tra i due poteri, in Italia la situazione è molto diversa. Le sinistre infatti non hanno soltanto il controllo del settore edile, cioé della massima industria nazionale, non solo hanno il controllo di molte corporazioni di professionisti, della maggior parte dei dipendenti pubblici, dei magistrati. Quanti i conflitti di interesse delle sinistre di cui non si può dire niente! Perché non si parla della proprietà di banche e fondazioni bancarie, il Monte dei Paschi ma non solo? Perché non si parla del controllo del settore agro-alimentare e della grande distribuzione, le Coop ma non solo? Perchè non si parla del patrimonio immobiliare ereditato dal PCI e dalla DC? Perché non si parla flirt con la Fiat, ancora un colosso nonostante la sua gestione da bucanieri? Queste sono quindi le cose alle quali guarda l’elettorato: chi ha il controllo reale dell’economia e del mercato del lavoro. Le tre televisioni di Berlusconi producono grandi profitti, ma sono poco e nulla di fronte alle proprietà dirette e indirette della sua controparte. Il controllo dell’informazione da parte delle sinistre è il più difficile dei nemici, soprattutto se si pensa che il migliore alleato di Scalfari è una gran parte di giornalisti “liberali” indecisi a tutto se non imbecilli. Partendo dalla negazione della crisi economica come chiave che spiega l’11 a 2 delle regionali, siamo arrivati a una constatazione parallela: gli elettori hanno premiato chi offriva potere, controllo, possibilità, lavoro dipendente con pensione, servizi gratuiti, per quanto (questi due ultimi fattori) in una prospettiva provvisoria e nel quadro di un sistema fallimentare, com’era per la DC a fine anni ‘80. Difficile compito rovesciare questo quadro, e da svolgere in un anno soltanto. Non impossibile. Se le regioni fondamentali ed economicamente più dinamiche - dove l’alleanza con l’imprenditoria ha funzionato- riusciranno a trainare il resto della nazione.
P.S. Dopo il referendum, sarà indispensabile allearsi coi radicali.

*Paolo della Sala è il titolare del blog http://leguerrecivili.splinder.com/