America has always had strains of isolationism, nativism, chauvinism, puritanism and religious fanaticism. But most of our leaders, even our devout presidents, have tried to keep these impulses under control. Not this crew. They don't call to our better angels; they summon our nasty devils. (Maureen Dowd, New York Times November 7th, 2004)
Il risultato delle elezioni in America e la proiezione dei prossimi 4 anni di Impero USA sotto la guida religiosa di Bush II sta gelando gli animi della sinistra ufficiale e DOC mondiale. Noi laici non omologhi e scettici guardiamo con compunzione e tristezza. Dopo le prime analisi fatte sotto il trauma del crollo di una speranza mal fondata bisogna riorganizzare il pensiero: le sconfitte servono per capire. Partirei dall’articolo di Kissinger (La Stampa del 4 Novembre, significativamente pubblicato negli Stati Uniti il 1 di Novembre e cioè prima delle elezioni) che in sintesi, presumendo la vittoria del suo candidato-presidente, enuncia le condizioni “rivoluzionarie” e inedite che connotano l’attuale situazione geopolitica del Pianeta: il terrorismo globale la diffusione di tecnologie di distruzione a distanza d’ineguagliata potenza Il nuovo Presidente, dice Kissinger, dovrà sforzarsi di “definire e mantenere” un sistema internazionale che riscontri queste nuove e rivoluzionarie circostanze. Dice Kissinger che solo un impegno assoluto di tutte le parti in causa (ritengo nazionali e internazionali) potrà consentire di realizzare un programma di questa portata. Kissinger elenca poi i nodi essenziali:
Dice Kissinger: l’Iraq non è un problema che riguarda solo gli Stati Uniti ma tutti i paesi democratici ed è quindi necessario che tutti s’impegnino a fondo per risolvere la situazione di crisi attuale, gli Stati Uniti si stanno facendo carico di una Guerra a tutela degli interessi mondiali e non possono essere lasciati soli. Garantire la sicurezza per lo svolgimento delle elezioni a Gennaio e impedire l’innesco di una Guerra civile tra Sunniti, Sciiti e Kurdi con una struttura federale che garantisca i tre gruppi.
Il terrorismo globale rende la scelta dell’attacco preventivo una scelta praticamente obbligata: bisogna che questa filosofia sia condivisa dalla comunità internazionale e in questo senso va recuperata la “multilateralità”: “nessuna nazione, per quanto potente, può definire da sola il sistema internazionale”, prosegue il Kissinger.
Il problema più insidioso, dice Kissinger: come fare a bloccare Corea del Nord e Iran nella loro corsa e come fare a bloccare che altri paesi o gruppi terroristici entrino in possesso di tali strumenti? Come immaginiamo la reazione del mondo ad un’esplosione nucleare d’origine ignota? Kissinger si chiede preoccupato quando si decideranno le potenze nucleari a decidere che la proliferazione di armi nucleari va bloccata?
L’ascesa della Cina al rango di superpotenza economica preoccupa Kissinger che sostiene la necessità che l’America debba mantenere la sua rigida opposizione all’egemonia della Cina in Asia: il dialogo fra Cina e USA deve essere mantenuto aperto di “alto profilo” su obbiettivi comuni di lungo termine per evitare lo show-down e lo scontro diretto. Dice Kissinger che questo dovrebbe essere possibile perché i dirigenti Cinesi sono saggi e prudenti.
Anche il dialogo con l’Europa è un imperativo ineludibile per gli Stati Uniti. La dialettica tra multilateralismo astratto e unilateralismo fine a se stesso va superata: secondo il Kissinger sono ambedue perdenti.
Fin qui il pensiero di Kissinger e le sue indicazioni per il nuovo quadriennio presidenziale. Credo che il quadro dipinto da Kissinger consenta una doppia lettura. Apparentemente favorevole a Bush in realtà è pesantemente critico: errore l’iniziativa unilaterale in Iraq, errore l’atteggiamento ostile nei confronti dell’Europa, errore la tolleranza dell’esercizio nucleare Nord-Coreano. Infatti leggendo le sue note ci si domanda come Kissinger faccia a sostenere Bush dal momento che su tutti i punti accennati questo presidente è riuscito a commettere errori irrecuperabili di dimensione catastrofica: non escludo, peraltro, che la implicita critica di Kissinger sia di marca ultraconservatrice. Varrebbe la pena indagare a fondo. Forse è una domanda che non si deve porre al personaggio che ai suoi tempi avrebbe sicuramente apprezzato un leader popolare come Gengis Kahn e che solo la religione dei suoi padri ha salvato dall’essere un epigono di Hitler. Parlando di Kissinger è sempre doveroso ricordare le sue criminali e sanguinose responsabilità nella gestione della politica estera Americana con Nixon et al. Un uomo non è solo quello che dice e racconta via, via: è anche la sua storia. Sorprende nella analisi di Kissinger la assenza di ogni riferimento alla crisi petrolifera che connoterà i prossimi dieci anni: non si parla di corda in casa dell’impiccato? Anche interessante la assenza di riferimenti alla drammatica situazione del debito pubblico USA. Bisogna risalire al 1929 per ritrovare nella storia economica degli Stati Uniti condizioni comparabili. Su questo versante va registrata la inderogabile esigenza degli Stati Uniti di mantenere il Dollaro come moneta di scambio per il petrolio: il passaggio all’Euro, che è una evidente volontà dell’area OPEC espressa a mezza bocca negli ambienti petroliferi e finanziarii, significherebbe la catastrofe economica per gli Stati Uniti. Infatti, grazie al gioco monetario, stampando dollari la Banca Federale garantisce greggio praticamente gratuito (il costo della carta filigranata) ai consumatori americani a spese del resto del Mondo che, per acquisire i dollari necessari a comprare il loro petrolio, deve esportare beni e materie prime di solido ed effettivo valore. In questo senso è quasi trasparente che la guerra Irakena è anche una guerra deel Dollaro USA contro l’Euro e l’Europa: una crisi non ancora esplicitamente denunciata, ma in scadenza a breve termine. Se ne sono accorti gli Spagnoli e se ne stanno accorgendo i Polacchi. I Francesi e i Tedeschi non hanno mai avuto dubbi. Il governo Italiano dorme, e gli Inglesi non sono nell’area dell’Euro. Il margine che i paesi OPEC avrebbero realizzato negli ultimi due anni vendendo in cambio di Euro, grazie alla rivalutazione del 25% di questa moneta sul Dollaro USA, è immane. La stessa cifra è stata silenziosamente intascata dall’economia USA e probabilmente serve per finanziare le spese della guerra in Iraq. Una enorme risorsa che invece di servire a bilanciare lo “scambio ineguale” con il Terzo Mondo, aumenta ancora l’ingiusto privilegio.
La visione del mondo tratteggiata dall’analisi Kissingeriana è quella di una planetaria catastrofe dove la miseria dei deboli e la prevaricazione armata dei ricchi e forti non avranno limiti per tempi indefiniti. Fra queste due polarità si scateneranno il terrorismo fondamentalista islamico e quello cristiano, e le altre guerre di matrice nazionalista, etnica, tribale, per il controllo della droga e del petrolio.
Il suggerimento di Kissinger è quindi un banale “more of the same, possibly harder”. Bombe preventive su Iran e Corea del Nord quindi, stato di polizia mondiale per controllare il terrorismo globale, torture dei sospetti nei campi di concentramento. Libertà vigilata al dissenso e alla protesta. Schedature generalizzate, controllo elettronico delle comunicazioni private, delazione a pagamento… Patriot Act. Kissinger sarà pragmaticamente corretto e Machiavellicamente un astuto “tecnico del potere”, ma a me sembra ingenuo, simplista e inerentemente pericoloso.
Nessuna preoccupazione per le vere matrici del terrorismo che sono l’ingiustizia e la fame: i chierici sciiti possono predicare la jihad e le povere menti allucinate possono uccidere e sgozzare in nome della jihad, ma la loro base di supporto viene dalla disperazione di un mondo che conosce solo un futuro di fame e di miseria e un presente di prevaricazione violenta. Aggredisci quel problema e la jihad tornerà ad essere un esercizio dialettico. Tagliare le unghie ai nazisti Israeliani e il torrente di suicidal bombers si asciugherà. Affrontato il problema alle sue origini si tratterà di gestire la congiuntura, ma non ha senso occuparsi della congiuntura senza affrontare la matrice scatenante. La prima regola per combattere il terrorismo è quella di non amplificarlo mediaticamente, la seconda è quella di agire con la stessa segretezza dei terroristi: finora si è fatto esattamente il contrario, grazie alla insipienza dei servizi segreti americani e alla stupidità dei media. Reagire con il silenzio, colpire nel segreto. Sulla Cina non s’illudano né Kissinger né i futuri presidenti USA: di fronte alla prospettiva di affamare 3 miliardi di Cinesi per consentire lo scialo sistematico di risorse a 800 milioni d’Americani ed Europei anche i dirigenti di Pechino mostreranno la durezza della quale sono sempre stati capaci. La potenza economica della Cina è una minaccia pesante per la finanza Americana patologicamente indebitata con gli esportatori Cinesi, la esigenza di petrolio della Cina se non viene bloccata mette in forse la disponibilità di greggio per gli Stati Uniti: quando questi nodi verranno al pettine non ci sarà “alto profilo” che tenga. Si andrà alla iugulare senza tanti complimenti. I dirigenti Iraniani sanno bene di essere il prossimo obbiettivo della “guerra preventiva” e sanno anche che la loro unica possibilità di prevenire l’aggressione (annunciata) è quella di fare come la Corea, l’India, il Pakistan, Israele: attrezzarsi con deterrente nucleare.
Per una visione alternativa del mondo ci vuole una cultura e una “pietas” che non sono fra gli strumenti attuali della classe dirigente Bushista: il more of the same è per loro certamente più facile da capire, specialmente quando sostenuto da enormi profitti di guerra. Quando il prezzo pagato in questi altri quattro anni sarà spaventoso (morti, inflazione, tasse, perdita della libertà personale, stato poliziesco, maccartismo travolgente, isolamento e censura internazionale, inquinamento ambientale, oil depletion) gli elettori Americani, forse, riscopriranno i veri “valori” e non quelli ipocritamente gridati da Bush (aborto e gay marriage) con la volgare e vergognosa complicità dei preti americani di tutte le sette. A noi laici e scettici fanaticamente utopici non resta che aspettare e contare i morti.
E se qualcuno mi volesse rimproverare di “astrazione utopica” questa sarebbe la mia scelta: lasciare che Iran e Corea facessero la prima mossa nucleare e poi reagire. Se dieci milioni di morti, da qualche parte del mondo, sono il prezzo da pagare per non avere la responsabilità di scatenare per primi l’ultimo conflitto mondiale, lo si paghi. Il bilancio conclusivo non sarà mai fatto: e se fosse fatto non avrà molti lettori interessati. Né l’Iran, né la Corea accetteranno mai questa sfida: il seppuku nazionale non è della loro cultura.
La linea suggerita da Kissinger per la ricerca di una sinergia con l’Europa è quasi esplicitamente di marca “US imperial” (io decido, voi partecipate) piuttosto che dettata da una sincera disponibilità di collaborazione: il risultato sarà ulteriore isolamento degli Stati Uniti e aumento dell’insofferenza per l’arroganza e lo scarso rispetto dei trattati internazionali sottoscritti che l’America di Bush ha praticato, prevaricando il mondo intero con ostentata volontà di sfida. (Kyoto, Steel, Water, Soft timber etc.)
Bush aveva “rubato” con manipolazioni e brogli il precedente risultato (Florida 2000) e ha rubato questo risultato con la menzogna sistematica approfittando di un paese ancora sotto il trauma dell’attentato alle torri. I “valori” dei quali si vanta sono valori degni di un vescovo-conte medievale: la vergogna dell’appoggio fornito da tutte le chiese americane (cattoliche e protestanti) sarà difficilmente dimenticata.
Le responsabilità di Bush e dei Repubblicani americani non assolvono l’opposizione americana e nel mondo: una sinistra divisa, appiattita sul mercantilismo, paurosa di sostenere gli originali e gloriosi manifesti di solidarietà sociale e di comprensione del “diverso”, asservita al conformismo bigotto e all’oscurantismo delle religioni. Una sinistra “affluent”, affamata di voti al centro al punto da perdere la sua identità originale. L’altra domanda che ci si pone è come un disastro politico-culturale di questo genere e dimensione si possa verificare: il trauma dell’attacco alle Torri artatamente e parossisticamente alimentato, il moralismo catto-evangelico sull’aborto e sul matrimonio di coppie omosessuali, l’accanimento settario dell’infomazione di massa, la paura, il carisma volgare di Bush….tutte queste cose hanno vinto distruggendo circostanze di fatto macroscopicamente evidenti: le bugie sull’Iraq, gli errori di Rumsfeld, gli errori del Pentagono, la criminale imbecillità della CIA, le torture a Guantanamo e ad Abu Ghraib, il disastro economico, i brogli nella precedente elezione, la disoccupazione rampante, la tassazione socialmente iniqua, gli arricchimenti indebiti di Halliburton e degli altri “contractors” omologhi all’Amministrazione in Iraq…
Se si sottraggono ai voti di Bush, quelli rubati attraverso questa mostruosa operazione di malversazione informatica e di ricatto pseudo-patriottico, si vede chiaramente che si tratta di una falsa vittoria: i voti rubati saranno la maledizione dell’America nei prossimi quattro anni e purtroppo anche la maledizione del resto del Mondo, costretto a subire, a causa di quei voti, l’arroganza di un dittatore bigotto, accecato dalla presunzione e dai pregiudizi, motivato dalla necessità di nascondere i suoi errori, capo assoluto del più potente esercito del mondo. Crassamente ignorante.
Il risultato elettorale è conseguenza della distanza che nel corso degli anni ha diviso la leadership culturale e i luoghi dell’elaborazione critica-ideologica dal “mainstream”. Un vuoto che è stato colmato dall’infomazione strumentale e dalla propaganda. Con l’annullamento delle capacità critiche e di valutazione è stato facile contrabbandare bugie grossolane, falsificazioni, informazione strumentale, e manipolare la massa acritica degli elettori. Una rottura così forte tra la cultura e leadership civile e il “mainstream” richiede seria riflessione: l’ignoranza delle masse ha origini e motivazioni che sono responsabilità culturali diffuse. Queste vanno cercate e analizzate per evitare che la tragedia diventi storica e permanente. George Orwell (1984, Animal Farm) e Aldous Huxley (Brave New World) avevano dipinto con precisione e fin dagli anni 30-40 questa plausibilità.
Nei prossimi quattro anni l’America pagherà duramente per questa sconfitta della ragione: l’efficacia dell’attacco alle Torri si è dimostrata mostruosamente superiore a qualsiasi speranza di Osama grazie alla sistematica strumentale amplificazione fatta da Bush & C. Al Qaeda proromperà e si diffonderà nel mondo alimentata dal collateral damage e dalla ferocia repressiva di un esercito USA esasperato e frustrato e dei nazi Israeliani in Palestina, l’Europa vedrà il moltiplicarsi d’iniziative terroristiche islamiche provocate dalle “fatwa” degli Imam e degli Ayatollah (l’assassinio in Olanda di Theo van Gogh è un segno preoccupante), la tragica sconfitta in Iraq non sarà più occultabile con le bugie delle televisioni di servizio, il pauroso deficit Americano trascinerà disastri finanziari in tutto il mondo, disoccupazione e povertà renderanno invivibili le città, il controllo poliziesco sistematico e diffuso trasformerà interi paesi in galere, un nuovo e più feroce Maccartismo intristirà i cervelli e il pensiero. L’american dream è già diventato l’american nightmare. Preso nella catastrofe Bush (the malevolent Mickey Mouse seconda la micidiale definizione di Arundhati Roy) diventerà sempre più arrogante e malvagio in un ciclo perverso tragico. Il guaio è che, come il loro nefasto presidente, anche molti Americani che lo hanno votato non avranno il coraggio di ricredersi.
Questo quadro non deve scoraggiare i laici pessimisti non omologhi: when the going gets tough, the tough get going… L’impegno laico non omologo e doverosamente scettico ha come categorica responsabilità quella di mantenere costante, e di combattere per realizzare, il progetto di un mondo dove si possa vivere senza dei, senza vangeli, senza corani, senza inesistenti verità rivelate e senza falsi rivelatori d’inesistenti verità, dove la vuota dialettica di filosofi pessimi non avveleni la vita con falsi dettati, peccati e colpe.