Abbiamo
scoperto che Romano Prodi ha un altro difetto: ci mette un po' di tempo e di
sospiri, ma alla fine sa essere l'uomo sbagliato nel momento sbagliato.Ieri,
l'Unione Europea ha vissuto una delle sue giornate più ingloriose (e oggi sarà
ancora peggio). Riunita a Bruxelles, ha ufficialmente sancito che il suo
encefalogramma se la passa maluccio: prove di vitalità prossime allo zero,
atmosfera rassegnata al fallimento, vuote dichiarazioni, soliti impegni sulla
necessità del rilancio politico, pause di riflessione. Di solito, quando si è in
un mare di guai e non si hanno idee per tirarsi fuori, ci si comporta così: si
prende tempo e si allunga l'agonia. L'Europa è fritta, o quasi. Sempre ieri, con
incredibile tempismo, Romano Prodi è apparso alla trasmissione "Punto e a capo"
e ha detto: io e Ciampi abbiamo salvato il Paese. Come? Lo hanno fatto entrare
in Europa, quella con l'encefalogramma di cui sopra, rosolata a puntino dal voto
francese e olandese e dall'ondata di proteste contro la moneta unica. Non ci
sarebbe neppure bisogno di commentare: se si impegna, Romano Prodi sa benissimo
farsi male con le proprie mani. Solo un vero Professore di fallimento può
vantarsi di un naufragio. Dalle parti di Milano direbbero:
bel pirla (termine
bonario, non si offenda, Professore). E chiuderebbero qui la storia, magari con
un sorriso di accompagnamento. A Napoli farebbero una pernacchia (atto sonoro
che si esegue emettendo un forte soffio d'aria tra le labbra serrate, spiega il
vocabolario). Questione di gusti: scegliete voi. Due o tre cose sul Prodi
salvatore però bisogna dirle, se non altro per correttezza (...) storica. Caro
Professore, ricorda? Correva l'anno 1992,a Palazzo Chigi c'era Giuliano Amato
voluto da Oscar Luigi Scalfaro. Il dottor Sottile, riserva della Repubblica a
tempo pieno, governò 298 giorni. Pochino. Ma tanto bastò per farlo passare alla
storia come l'ideatore della "Finanziaria lacrime e sangue", 93 mila e duecento
miliardi di lire tra prelievi, balzelli e tagli vari alle spese, roba mai vista
prima. E fu solo l'inizio di una lunga serie di Finanziarie che prelevarono
tutto il prelevabile per consentire il rispetto dei parametri di Maastricht e
per farci avvicinare all'Europa. Chi pagò? Pagammo noi, soprattutto i lavoratori
dipendenti e le fasce più deboli. E Romano Prodi ora va in tv e dice che ha
fatto tutto lui assieme a Ciampi. Appropriazione indebita di un fallimento che
ci è costato carissimo. E la storia dello scippo, Professore? Ha dimenticato
anche questa? Un giorno, anzi una notte visto che tutto avvenne dalla sera alla
mattina, il solito dottor Sottile decise che avrebbe prelevato il 6 per mille
dai nostri conti correnti, sempr e per far quadrare il bilancio. Possiamo
assicurare Prodi e i prodiani che i conti correnti erano proprio i nostri, non
quelli dello zio d'America. Ancora: la tassa sull'Europa. Questa volta Giuliano
Amato è innocente. Fu proprio lei, Professore, a volerla. La chiamò eurotassa,disse
che l'avrebbe restituita e quasi giurò che sarebbe stato l'ultimo sacrificio.
Più o meno testuale: una volta entrati in Europa tutto cambierà,la moneta unica
ci proteggerà, non ci saranno privazioni e via discorrendo. Conosciamo a memoria
la cantilena, e sappiamo anche com'è andata a finire: abbiamo pagato l'eurotassa,
non abbiamo riottenuto tutti i soldi sborsati e i sacrifici continuano. Come se
non bastasse, dopo l'invenzione della tassa per l'Europa è arrivata quella
dell'Irap e in nove anni (1989-1998, dati Ocse) il prelievo fiscale in Italia è
aumentato del 16,7 per cento. Vuole qualche numero? Spulciamo nell'archivio. La
fonte è la Banca d'Italia. Nel 1995 le imposte dirette generavano un flusso di
259mila miliardi. Nel 1998 era già stata raggiunta quota 357mila. Può bastare.
Esimio economista, si offende se le diciamo che il biglietto per l'Europa lo
abbiamo pagato con i nostri risparmi, in prima persona, tirando la cinghia e che
lei non c'entra nulla? E si arrabbia se le facciamo notare che gli italiani
erano abbastanza scettici sulla bontà della moneta unica e che se potessero
esprimersi oggi lo sarebbero ancora di più? Nulla da fare. Da questo orecchio il
Professore non ci sente. Lui è il salvatore della Patria e rifarebbe tutto ciò
che ha fatto. Dobbiamo presumere che accetterebbe lo stesso tasso di cambio
dell'epoca, che non lotterebbe per avere anche la banconota da uno e due euro
(come ha proposto Giulio Tremonti, quasi inascoltato), che non tenterebbe di
allungare al massimo il periodo di doppia circolazione monetaria, che brucerebbe
le tappe anche se l'Europa politica (ancora oggi) manca, che accetterebbe senza
battere ciglio un Continente ingessato da regole troppo rigide. Dobbiamo
presumere che i fallimenti piacciono al professor Romano Prodi, e dunque che
dalla parti di Milano e anche di Napoli non sbaglierebbero a comportarsi in quel
certo modo. O forse, più realisticamente, dobbiamo concludere che Romano Prodi
sull'Europa e la moneta unica aveva giocato tutte le sue carte di sopravvivenza
politica. Era il suo fiore all'occhiello, la sua grande battaglia. Una volta
arrivato il fallimento prenderne atto significherebbe sancire anche la propria
débacle. E Prodi si vanta, travisando la realtà e diventando anche un po'
ridicolo. A proposito: l'avete visto l'altro ieri a "Porta a Porta"? In maniche
di camicia,di - scuteva amabilmente con un gruppo di studenti. Solite parole: i
giovani sono il futuro, lui è per i giovani eccetera eccetera. Carissimo
Professore, perché non indossava la giacca in tv? Pensa di essere più
affascinante così, più vicino ai gusti del telespettatore? O forse è giunto alla
conclusione che,per colpa dell'euro e dell'Europa, le giacche costano troppo e
allora conviene farne a meno? Che cos'è, un nuovo suggerimento agli italiani per
restare nel Continente unito, l'ultimo sacrificio? Ci faccia sapere, siamo
curiosi di capire fino a che punto continuerà a prenderci in giro.
21 aprile 1996: l'Ulivo vince le elezioni, grazie al patto di desistenza con Rifondazione comunista. Maggioranza autosufficiente al Senato, mentre alla Camera i voti di Rifondazione sono determinanti.
16 maggio: Scalfaro dà l'incarico a Prodi che il giorno dopo ha già pronto il governo, che giura il 18. Il 24 maggio ottiene la fiducia al Senato e il 31 alla Camera.
19 giugno: varata la prima manovra correttiva dei conti pubblici per 16 mila miliardi.
24 settembre: governo e parti sociali raggiungono un accordo sul piano per l'occupazione.
27 settembre: varata una finanziaria per 62.500 miliardi.
14 novembre: si dimette Di Pietro, ministro dei lavori pubblici.
30 dicembre: "decretone" di fine anno con misure fiscali per oltre 4.300 miliardi di lire (eurotassa).
27 marzo: approvata manovra correttiva di 15.500 miliardi.
9 aprile: prima grande crisi con Rifondazione. La missione Alba in Albania è approvata con i voti del Polo. Nei giorni successivi Rifondazione torna a votare la fiducia al governo.
28 settembre: finanziaria da 25.000 miliardi.
9 ottobre: seconda crisi. Rifondazione annuncia voto contrario alla finanziaria. Prodi si dimette. Il giorno dopo Bertinotti si dice pronto a un nuovo accordo, che comprende le 35 ore.
Il 14 il governo è rinviato alle Camere e il 16 ottiene la fiducia.
1 novembre: intesa governo-sindacati sulle pensioni.
24 marzo: il governo approva il disegno di legge sulle 35 ore.
25 marzo: Italia ammessa nel gruppo iniziale dell'Euro.
2 aprile: respinte le mozioni di sfiducia al ministro dei Trasporti Claudio Burlando.
17 aprile: il Consiglio dei ministri approva il Documento di programmazione economica e finanziaria.
20 aprile: respinte le dimissioni del ministro della Giustizia Flick dopo le fughe di Gelli e Cuntrera.
21 luglio: il Senato vota la fiducia per la verifica di governo. Il 22 fiducia anche alla Camera.
25 settembre: il governo approva una Finanziaria da 14.700 miliardi.
4 ottobre: il Comitato politico di Rifondazione comunista decide il voto contro la Finanziaria.
Nei giorni successivi scissione della corrente di Cossutta, che voterà a favore.
25 settembre: il Consiglio dei ministri vara la Finanziaria '99, da 14.700 miliardi dopo aver aggiunto in extremis 1.200 miliardi da destinare alle fasce sociali più deboli. Prodi sottolinea che la finanziaria "viene incontro a esigenze e richieste del Prc".
1 ottobre: Per Bertinotti la Finanziaria "non è emendabile" e il governo può solo "ritirarla". Cossutta esprime sconcerto per la "determinazione ad arrivare alla rottura".
4 ottobre: al Comitato politico nazionale di Rifondazione comunista vince la linea del segretario, con il voto determinante della minoranza trotzkista di Maitan.
5 ottobre: Prodi va al Quirinale per riferire a Scalfaro. Cossutta si dimette da presidente del partito. Cossiga annuncia che l' Udr non voterà la fiducia al governo, ma nella maggioranza è aperto il dibattito sul rapporto con l Udr. D'Alema smentisce le voci di una sua volontà di sostituire Prodi.
6 ottobre: l' assemblea dei gruppi parlamentari del Prc approva, con 29 voti contro 16, il documento presentato dal capogruppo alla Camera Diliberto con cui si dà mandato di votare no al governo e alla Finanziaria. Il documento contiene però una forte critica alla linea del segretario aprendo la strada alla scissione.
7 ottobre: Prodi riferisce alla Camera gli ultimi sviluppi della crisi. Per il Prc parla Diliberto che annuncia la decisione del partito, ma esprime il disagio suo e di altri colleghi di partito. Nel pomeriggio riunione di quadri del Prc, con Cossutta e Diliberto, che avvia di fatto il processo della scissione che dovrebbe portare alla nascita di un altro partito comunista.
8 ottobre: la replica di Prodi alla Camera è prudente, soprattutto sul problema dei raid Nato nel Kosovo, che può essere un punto di rottura con Cossutta. Tutti gli schieramenti fanno appello ai propri deputati per la presenza in aula, perchè la fiducia è legata a pochi voti.
Dai Ds ai Popolari, dai Verdi a i "cossuttiani" c'è grande amarezza per l'esito del voto alla Camera. Ma nelle riflessioni di quasi tutti i leader della maggioranza viene espresso forte disappunto per la decisione di Bertinotti di non votare la finanziaria. Comincia D'Alema, segretario ds, secondo il quale "non si può certo escludere che la via d'uscita possano essere le elezioni. In queto momento credo che nulla possa essere escluso".
Bertinotti, aggiunge D'Alema, ha compiuto un "errore drammatico". "Credo che chi abbia visto alla televisione le immagini dei parlamentari del Polo festanti intorno a Berlusconi e Fini difficilmente le dimenticherà - ha detto - E credo che per Bertinotti non sarà facile quello che lo attende. Quindi - insiste il leader ds - l'errore drammatico l'ha compiuto quel pezzo della sinistra che si è sottratto alla responsabilità del governo del Paese e che ha restituito alla destra la parola e il motivo per festeggiare. Perchè loro, da soli, non avrebbero mai potuto riconquistarlo".
E contro il segretario di Rifondazione, che ha votato "no" all'esecutivo, è sceso in campo anche Marini, leader popolare. Scosta brusco i cronisti, lasciando l'aula di Montecitorio dopo la bocciatura del governo, e dice: "Avete visto tutti quello che è successo: siamo andati sotto per un voto solo". "Siamo andati sotto per il voto di un traditore" aggiunge Mattarella.
"Al Capo dello Stato proporremo di valutare la possibilità di affidare l'incarico a chi è in grado, all'interno del centrosinistra, di portare all'approvazione della legge finanziaria e di gestire la fase successiva e le importanti scadenze istituzionali previste", ha invece dichiarato il senatore Luigi Manconi, portavoce nazionale dei verdi, che ha anche proposto alle altre forze dell'Ulivo di incontrarsi "in tempi strettissimi" per affronatre la nuova situazione e "non dissipare quell'unità del centrosinistra che tuttora resta preziosa".
9 ottobre Armando Cossutta propone un nuovo incarico al presidente dimissionario Romano Prodi limitato all'approvazione della Finanziaria. Il leader dei deputati moderati di Rifondazione, che oggi, contro le indicazioni del partito, ha votato a favore del governo, ha detto che Prodi dovrebbe impegnarsi a dimettersi subito dopo l'approvazione della finanziaria. Successivamente, essendo in pieno semestre bianco, il presidente della Repubblica potrebbe "adottare misure straordinarie di carattere politico istituzionale", ha aggiunto. Cossutta non ha voluto rispondere alla domanda se intendesse riferirsi alla possibilità di dimissioni anticipate di Scalfaro per poter andare alle elezioni dopo la nomina di un nuovo presidente da parte di questo Parlamento
tratto dal sito www.Repubblica.it