Con
la sua sortita sulla necessità di ripensare al nucleare, Silvio Berlusconi ha
riaperto un tema strategico per lo sviluppo dell’Italia: il mix di
approvvigionamento energetico e il costo della bolletta elettrica per imprese e
consumatori, ancora troppo elevato per la debole concorrenza e l’eccessiva
dipendenza dal petrolio.
A giudicare dalla reazione di tutta la stampa, Berlusconi ha messo il dito nella piaga e ha aperto un nuovo fronte di iniziativa per Forza Italia su cui vale la pena di insistere. Oggi il mix energetico dell’Italia è eccessivamente sbilanciato verso il petrolio: la produzione di energia proviene per il 55% dal petrolio, per il 30% dal gas, per il 9% dal carbone, mentre il nucleare è assente. Negli altri paesi europei, invece, la media di energia prodotta dal carbone è del 32% per cento e hanno anche quote rilevanti di nucleare. Inoltre, in base agli attuali programmi di sviluppo, nel 2006 il sistema elettrico italiano dipenderà per il 60% dal gas naturale. Con il rischio di una dipendenza simile a quella attuale. Oggi siamo dipendenti dal petrolio, domani lo saremo dal gas che viene esportato da due soli paesi, Algeria e Russia.
Il problema dello sviluppo delle fonti energetiche sta creando problemi anche nel centrosinistra. In una recente riunione convocata da Prodi per una prima definizione del programma elettorale e alla quale hanno partecipato esperti di diversi settori, il leader della Gad avrebbe preso una posizione netta a favore del carbone. Secondo quanto ha riferito la Repubblica nei giorni scorsi Prodi avrebbe detto con una certa animosità: ""Sull’ambiente lasciatemi stare, ho le credenziali. Sotto il mio mandato la Commissione ha convinto Putin a firmare Kyoto. Io sono pronto a fare il piano per l’eolico, le biomasse, l’idrogeno: ma allora voglio anche il carbone. Non possiamo essere il paese che importa più energia e la fa pagare più cara in Europa. È sbagliata l’impostazione secondo cui la destra fa le porcherie, sull’ambiente, e noi mammolette non possiamo fare niente. Io ascolto tutti, parlo con Pecoraro Scanio, gli dico fammi la lista delle tue priorità: ma alla fine l’energia deve saltare fuori". Non è difficile prevedere che questa posizione sarà foriera di scontri nel centrosinistra. Le resistenze nei confronti del carbone sono ancora alte perché, a parità di energia prodotta il carbone emette il doppio di Co2 rispetto al gas e un 35% in più rispetto al petrolio.
Inoltre l’abbattimento di emissioni di anidride carbonica richiede processi chimico-fisici complessi che già esistono ma che prevedono una messa a punto di una decina di anni perché siano economicamente competitivi. Sul piano delle emissioni di Co2, invece, il nucleare non pone problemi di sorta, mentre negli ultimi quindici anni hanno fatto enormi passi avanti le tecnologie di sicurezza degli impianti e del territorio. Inoltre oggi una centrale nucleare può essere realizzata in tre anni, contro i dieci di quindici anni fa. C’è infine da considerare il fatto che oggi la produzione di energia è un processo transnazionale che vede coinvolti più Paesi in partnership; l’Italia potrebbe trovare partner europei, in particolare tra i nuovi arrivati nell’Unione, disposti a collocare sul loro territorio nuove centrali, da utilizzare in condivisione, in cambio di teconologia. L’idea lanciata da premier non va dunque fatta cadere: mentre sul nucleare Berlusconi dà l’immagine di un leader proiettato sul futuro del Paese, Prodi continua a insistere sul carbone con conseguenze incendiarie nel centrosinistra.