Mercoledi' 8 agosto è ricorso il 45.mo anniversario della tragedia di
Marcinelle e l'onorevole Tremaglia si è recato a rendere omaggio ai lavoratori
morti in quella miniera, nel 1956, accompagnato da una folta rappresentanza di
organizzazioni di italiani all'estero.
«Chi sperava che Tremaglia venisse fischiato all’estero è rimasto deluso. A Marcinelle gli immigrati italiani mi hanno accolto come uno di loro». Mirko Tremaglia, ministro per gli Italiani nel mondo, era soddisfatto sull’aereo che dal Belgio lo riportava a Roma. Tremaglia ha promesso che si impegnerà per ottenere che l’8 agosto venga celebrato ogni anno come giornata nazionale del sacrificio dei lavoratori italiani nel mondo.
Nel corso della commemorazione, Giuseppe Piccoli, presidente del Comitato italiani all’estero di Charleroi, ha così salutato il Ministro:
"Lei ha voluto, e non ci stupisce, riservare la sua prima visita all' estero a Marcinelle, simbolo del sacrificio di migliaia di cittadini Italiani, liberi, come scrive il Poeta Zannier di essere obbligati di partire. L'omaggio che Lei, insieme all'imponente delegazione che l'accompagna, vuole rendere alle 262 vittime di Marcinelle tra le quali più della metà, 136, di nazionalità italiana, è la prova di una sensibilità ormai anziana che senza tinte di strumentalizzazione politica, ha caratterizzato e caratterizza il suo impegno per gli italiani fuori dal territorio nazionale. Se il Bois du Cazier di Marcinelle è diventato oggi, un monumento consacrato alla memoria, lo dobbiamo in gran parte a lei Onorevole".
Il luogo del tragico e drammatico 'incidente' di Marcinelle ha rischiato di diventare un Supermercato, in passato. Era il 1988, a raccontarlo è stato lo stesso Piccoli. In quell'occasione il Presidente del Comites di Charleroi si rivolse proprio all'allora Onorevole Tremaglia. Mirko Tremaglia, con il suo indomito spirito battagliero, denunciò la cosa al Parlamento. "Il suo intervento - ha ricordato Piccoli - fece un grande scalpore in Belgio e da lì partirono un insieme d'iniziative tese a salvare Bois du Cazier", che oggi stanno trasformando in un luogo della memoria, in un museo e centro di vita sociale. Anche per questo, per i ricordi, per la forza dimostrata in anni di attività è giusto dire, ha sottolineato Piccoli, "chi è l'uomo che oggi ha voluto per l'ennesima volta recarsi in pellegrinaggio in questo pezzo di terra che è e deve rimanere di tutti coloro che soffrono l'esilio, ivi compresi quelli che oggi cercano di migliorare il loro quotidiano emigrando in Italia e per i quali chiediamo d'intervenire affinché sia riservato ad essi il medesimo trattamento, le medesime condizioni, lo stesso rispetto che Lei ha sempre sollecitato per gli Italiani fuori d'Italia". -
Nel
secondo dopoguerra, scendere nelle miniere del Nord Europa, specie se di carbone,
era attività ormai rifiutata dalla popolazione locale, perfino da lavoratori
sulla soglia della disoccupazione; non dagli emigranti italiani e veneti che vi
venivano indirizzati sulla base di precisi accordi tra i governi. Emblematico e
tragico quello con il Belgio, che tra il 1946 ed il 1957 attirò circa 140.000
lavoratori, oltre a 17.000 donne e 29.000 bambini. Quasi tutti vivevano in
villaggi di baracche, in condizioni di forte disagio e di isolamento sociale.
Nelle miniere troppo profonde e mal attrezzate, gli incidenti erano frequenti:
oltre mille i morti e 35.000 gli invalidi in dieci anni, senza contare la
silicosi che non ha risparmiato nessuno. Chi accettava un lavoro così disumano,
mirava ad un guadagno per sè e ad una rimessa per la famiglia. Ma a
trarne i maggiori vantaggi erano i rispettivi governi,
quello belga, che sfruttava una fonte energetica non ancora minacciata dal
petrolio e quello italiano che riceveva 200 tonnellate di carbone per ogni
minatore. L'epopea dei minatori del carbone in Belgio si concluse nel
1956 quando il governo italiano, a seguito della catastrofe di Marcinelle,
bloccò le partenze.