Che
senso ha, dopo secoli di emigrazione, onorare il sacrificio sul lavoro di
milioni e milioni di italiani oltre confine, dimenticati e disconosciuti,
ricordandolo con una "Giornata nazionale" dedicata al "sacrificio
e al lavoro italiano nel mondo", giornata che il governo di
centro-destra ha indetto su chiara proposta dell'On.Mirko Tremaglia, Ministro
per gli Italiani nel Mondo, che giovedì prossimo sarà in pellegrinaggio a
Marcinelle? L'iniziativa voluta non a caso dal "Deputato degli emigranti",
che è anche Ministro per gli Italiani nel Mondo, vuole essere un atto di
riconoscenza di tutta la Nazione ai propri figli emigrati che hanno vissuto il
calvario dell'emigrazione, a coloro che sono stati costretti a cercare altrove
quel pezzo di pane che non hanno potuto purtroppo trovare nella loro terra natia.
Mai sino ad oggi un governo della Repubblica aveva ritenuto necessario ricordare
questo lungo e doloroso "cammino della speranza" che milioni di
italiani hanno percorso in tutte le contrade del mondo, scrivendo in silenzio la
loro storia di sangue e sacrifici. Mai a nessuno nei governi di centro-sinistra
era venuto in mente di realizzare una simile e significativa iniziativa, per
ricordare, per non dimenticare, per fare memoria storica di una questione
nazionale, qual'è l'emigrazione. Ricordare certamente - ripetiamolo - per non
dimenticare, per capire che la nostra gente in giro per il mondo non può essere
confusa con altri, anche perché ha sempre agito nella assoluta legalità, nel
rispetto delle leggi: quando si parla di immigrazione, quindi, non bisogna fare
inutile forzature di comodo, perché gli italiani all'estero sono i primi a
riconoscere i sacrosanti diritti di chi lavora e a comprendere che la "solidarietà"
in ogni paese del mondo va sempre coniugata con la "sicurezza", se si
vuole vivere in pace ed evitare spiacevoli conseguenze che giustifichino
scomposti comportamenti xenofobi. Ma perché la "Giornata nazionale del
sacrificio e del lavoro italiano nel mo
ndo" voluta e ideata dal "Ragazzo
di Salò" è stata indetta proprio per l'8 agosto? Perché 46 anni or sono
a Marcinelle, in Belgio, nella miniera maledetta del Bois du Cazier, alle ore
8.10, una esplosione provocò un inferno, in cui perirono 274 minatori di
svariate nazionalità. Solo in 13 riuscirono a salvarsi e il tributo di sangue
italiano in quella tragedia fu immenso, con ben 136 morti provenienti da 13
regioni italiane, precisamente: Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Calabria,
Campania, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Molise, Puglia, Sicilia, Toscana,
Trentino Alto-Adige, Lombardia. Quella tragedia è stata l'apice di una stagione
dove i sacrosanti diritti sociali erano vergognosamente negati e calpestati con
accordi bilaterali. Quei fatti hanno caratterizzato, in termini politici, la
drammaticità di una storia quasi sempre dimenticata ed ignorata della nostra
emigrazione, che la partitocrazia italiana per oltre un quarantennio ha sempre
oscurato e censurato, evitando (ad esempio) che nelle scuole si faccesse una
doverosa e necessaria "informazione di ritorno" su quei tanti drammi
subiti dai nostri connazionali emigrati. Ricordiamo quindi quelle pagine di
storia vissuta sulla pelle dei più deboli e dei più sprovveduti, attraversando
i controlli di Ellis Island a Manhattan, che nel secolo scorso era il quartiere
generale degli arrivi negli USA. Oggi, grazie ad internet (www.ellisisland.com)
si può persino ricostruire le tante storie di coloro che passarono sulla
"isola della quarantena"; si può rintracciare ad esempio anche il
parente lontano, emigrato agli inizi del secolo, apprendere da che porto è
salpato, con quale nave è giunto e quanto dollari in tasca aveva. L'8 di
agosto, che da quasi mezzo secolo è una giornata di lutto nei cuori di tutti
gli italiani nel mondo, deve servire a guardare avanti, e a ricordare le tante
tragedie della nostra gente emigrata, tragedie talvolta volutamente ignorate e
che noi tentiamo di ricordare con dei significativi esempi. Nel 1907 a Black
Diamond in California, in un'altra miniera maledetta, a seguito di una
esplosione, ci furono molti sepolti vivi americani e di altre nazionalità.
Quattro furono gli italiani periti. Le famiglie degli americani, allora, ebbero
1.200 dollari di risarcimento, gli italiani solo 150, che vennero accettati in
silenzio dai nostri connazionali. Un atto discriminatorio ignobile ed evidente
che i nostri connazionali subirono, nell'omertà della miseria di quei duri
tempi. Chi sa che nel 1917 a Trinidad, nel Colorado, in America, alcuni minatori
italiani vennero fucilati con i loro familiari solo per aver giustamente
rivendicato condizioni più umane per il loro quotidiano lavoro? Oppure a New
Orleans, sempre negli Usa, nell'ottobre del 1891, quando alcuni italiani furono
accusati dell'omicidio del capo della polizia e in seguito assolti. I "festeggiamenti"
organizzati dalla comunità italiana per celebrare la sentenza, cioè la fine di
un incubo, furono strumentalizzati dagli americani (si accusavano gli italiani
di aver issato il Tricolore della nostra Patria più in alto della bandiera
americana) e il 14 marzo 1891 una folla inferocita irruppe nella prigione,
impiccando due italiani e uccidendone altri nove a colpi di fucile. L'avvocato
Parkerson, che aveva guidato il linciaggio, ebbe poi a dichiarare: "Quelli
là non erano altro che dei rettili". Episodi di intolleranza feroce nei
confronti di lavoratori italiani si verificarono anche nella vicinissima
Francia, dove il bisogno e la conseguente predisposizione degli emigrati
italiani a lavorare per salari più bassi determinava il forte e duro
risentimento degli operai francesi. Il 15 febbraio 1882, un capocantiere,
seguito dai suoi uomini, percorse la tratta dei lavori per la costruzione della
linea ferroviaria tra Alès e Orange malmenado gli sterratori italiani. Nel
pomeriggio il gruppo dei francesi penetrò nel villaggio di Celas, dove
alloggiavano una trentina di italiani, e li aggredirono a colpi di bastoni. Il
17 agosto 1893 ad Aigues-Mortes, sempre in Francia, una rissa tra lavoratori
francesi e italiani nelle saline della Camargue degenerò in una caccia ai
nostri connazionali, condotta al grido di "Morte agli italiani", che
terminò drammaticamente, con il linciaggio di nove italiani. Il 30 novembre
1909 nella città mineraria di Cherry nell'Illinois (USA) un incendio con
conseguente esplosione provocò la morte immediata di 40 minatori italiani. Il
25 marzo 1911, a New York, un incendio scoppiato all'interno di una grande
fabbrica tessile (la Triangle Shirtwaist Company) provocò la tragica morte di
146 donne dipendenti, che erano chiuse a chiave all'interno dell'edificio. Quasi
tutte erano italiane. Il 30 agosto 1965 a Mattmark, in Svizzera, una massa di
ghiaccio si staccò dall'Allalin e investì un cantiere di lavoro per la
costruzione di una diga. L'incidente provocò 88 morti, 56 dei quali erano
emigrati italiani. Forse nessuno lo sa (neanche "La Repubblica", che
ha riservato due servizi per ricordare il centenario della Transiberiana), ma
quanti furono gli italiani dei Friuli, del Veneto e del Trentino che perirono
assiderati costruendo, oltre cent'anni or sono, la ferrovia più lunga del
mondo, la famosa Transiberiana, che, attraversando tutta la Russia, congiunge
l'Europa con l'Estremo Oriente? Chi ricorda Padre Giovanni Stella, che nel 1866,
dopo aver ottenuto dal sultano Hailù un appezzamento di terreno nello Sciotel (Etiopia)
impiantò una azienda agricola, la "Italo-Africana", che ben presto
divenne un fiore all'occhiello della nostra locale comunità, dando lustro e
lavoro a trenta italiani? Sella morì il 20 ottobre del 1869 in piena miseria e
dimenticato da Dio e dagli uomini. Si potrebbe continuare ancora per molto. In
questo contesto, però, va logicamente ricordata anche un'altra tipologia di
emigrazione, che ha caratterizzato il primo flusso emigratorio italiano
oltreoceano. Pochi sanno che Valparaiso in Cile è una città fondata dal
capitano genovese Pastene; nella Giunta rivoluzionaria centrale, che proclamò
l'indipendenza dell'America spagnola dalla madre patria, composta di nove membri,
tre erano figli di italiani: Belgrano, forse la più bella figura della storia
dell'indipendenza argentina, Castelli e Beruto. Un ligure, un veneziano e un
piemontese: tre membri, dunque, italiani e di origine certamente borghese.
Quella nostra prima emigrazione nell'America latina era soprattutto composta di
professionisti, di commercianti, di naviganti, di sacerdoti. E quelli in realtà
sono stati i precursori della nostra emigrazione in America. Dopo di loro è
giunto il flusso grande e sommergente della nostra emigrazione agricola di tutte
le parti d'Italia, con i tanti, troppi drammi, che la giornata dell'8 agosto,
vuole in silenzio ricordare, senza dimenticare nessuno. Una giornata carica di
significato perché obbliga tutti a ricordare il progresso e la civiltà che gli
italiani nel mondo hanno saputo scrivere con il loro lavoro, come si legge in un
recente comunicato del CTIM; perché deve servire a riaffermare anche quella
giustizia sociale che a tanti connazionali emigrati è stata per troppo tempo
negata. La miniera maledetta del Bois du Cazier di Marcinelle rimane come monito
per un domani migliore, un futuro giù giusto di quello che milioni di italiani
hanno dovuto conoscere e subire negli anni passati. Avendo con l'approvazione
della legge sull'esercizio del voto all'estero giustamente messo fine ad una
assurda discriminazione durata 46 anni, realizzando la "unità degli
italiani" in Patria con i fratelli oltreconfine, una nuova era sta ora
iniziando. Quindi, giusto per usare le parole del "Deputato degli emigranti"
On. Mirko Tremaglia, non sono possibili e non sono tollerabili altre
discriminazioni. L'8 agosto deve essere un momento di riflessione per tutti, per
porre fine ad ogni forma di vergognoso sfruttamento e di sottomissione, nel
rispetto assoluto delle leggi, della giustizia sociale e della politica dei
diritti negati, da sempre rivendicata dentro e fuori dal Parlamento dal CTIM in
ogni contrada del mondo, assieme alle storiche associazioni nazionali della
nostra emigrazione per ogni lavoratore. La Via Crucis subita dagli italiani nel
mondo non si ripeta per nessuno, per il bene dell'Italia e della sua gente, che,
ripetiamo, deve ricordare - per non dimenticare. Il calvario degli italiani nel
mondo rimanga da monito per tutti, anche nei momenti più difficili della nostra
Patria che, come Nazione antica di civiltà e progresso, non può permettere che
ad altri venga fatto quello che oggi in silenzio, onorando gli italiani nel
mondo, l'Italia Nuova vuole ricordare per mai più dimenticare.