Mercoledi' 8 agosto con Mirko Tremaglia a Marcinelle

( per ricordare gli emigrati italiani caduti sul lavoro)

Minatori a Marcinelle. Nel circolo, Innocente CarletMercoledi' 8 agosto ricorre il 45.mo anniversario della tragedia di Marcinelle, dove, nel 1956, a seguito di una esplosione in una miniera, perirono 262 minatori, dei quali 136 di nazionalita' italiana. Marcinelle, con questa tragedia, divento' il simbolo della sofferenza, della fatica e del sangue versato sul lavoro dagli italiani nel mondo. 

Ricordiamo che questi lavoratori nostri connazionali erano stati "affittati" dai governanti italiani alle autorità belghe, in cambio di sacchi di carbone, per supplire alla carenza di risorse energetiche nel nostro paese. Una triste realtà ignorata dalla maggior parte degli italiani d'Italia, soprattutto da quelli che hanno ostacolato il diritto ad esercitare il voto nei Paesi di residenza, con la scusa di non pagare le tasse. Ci riferiamo ai vari Bolaffi e Mignone. Cari signori, il nostro contributo ai governi ed al popolo italiano l'abbiamo già dato. In anticipo e, a volte, con il sangue.

Ecco alcune testimonianze: "Il Governo Italiano, visto che in quel periodo era molto forte la disoccupazione, aveva stipulato col governo belga dei contratti di lavoro per lavoratori italiani bisognosi; il contratto minimo vincolava il lavoratore per un anno; se un operaio una volta in miniera rifiutava tale lavoro perché ritenuto brutto e pericoloso, veniva rinchiuso in un campo di concentramento fino al raggiungimento di una tradotta piena (850-1150 operai), e da quel momento rispedito al proprio paese". Così ricorda Ferruccio Moz, di Tarzo, un piccolo paese della Marca Trevigiana. "Il lavoro del minatore è un mestiere molto duro, rende gli uomini rudi e forti e li rende maturi prima del tempo. Non vi era giorno in cui non vi fossero degli infortuni sul lavoro e di tanto in tanto scappava anche qualche morto.Il lavoro era molto duro e pericoloso non solo per la possibilità che franasse il tetto ma per la presenza di un gas chiamato grisù sempre presente nell'aria. Il carbone veniva estratto col martello pneumatico e con la pala messo in un apposito canale che lo spingeva fino ai carrelli. Tutti eravamo provvisti di una pila elettrica e di un elmetto per difenderci dalla caduta di sassi; ogni squadra di operai era munita pure di una lampada speciale che misurava la quantità di gas presente: col suo lampeggiare ci indicava quando la quantità di gas presente superava certi limiti e quindi diventava pericoloso. In caso di estremo pericolo eravamo autorizzati ad abbandonare il posto di lavoro. In questo caso la direzione della miniera introduceva una forte corrente d'aria per espellere il gas presente. Poiché mediamente l'altezza delle vene andavano dai 60 cm a m. 1,20 ,dovevamo lavorare in ginocchio, tutti sommersi dalla polvere del carbone quindi ci si riconosceva solo dalla voce. Essendomi dimostrato molto coraggioso, dopo un periodo di tempo sono stato assegnato ad una squadra di pronto soccorso: il mio turno di lavoro cambiò. Un bel giorno, incontrando la squadra che mi aveva preceduto gli operai mi hanno detto che potevo andare sul posto di lavoro ma che era meglio che rinunciassi perché loro stessi avevano rinunciato per il pericolo di crollo. Tutti ci siamo recati sul posto di lavoro ma gli operai che erano con me volevano rinunciare. Poiché avevamo preso un impegno ho detto loro che dovevamo portarlo a termine quindi li ho pregati di stare nel posto meno pericoloso e di portarmi tutto il materiale necessario per armare le pareti. Ad un anziano ho affidato il compito di stare in un posto preciso per controllare con la lampada cosa succedeva e gli ho detto di gridare forte se vedeva il più piccolo movimento in modo che potessimo scappare. Finita la giornata siamo risaliti felici e contenti perché non era successo niente e avevamo portato a termine l'impegno che ci eravamo presi. Un giorno io e altri due operai, Giovanni di Trento e Pietro di Vicenza, abbiamo tardato a salire e mentre stavamo salendo crollò il tetto davanti a noi: eravamo bloccati e non potevamo andare da nessuna parte. Il più giovane, Giovanni, si fece prendere dal panico ed io cercavo di consolarlo ma lui piangeva e invocava aiuto come un disperato. In quel momento aprirono un varco molto stretto; io cercai di far passare per primo lui ma l'altro, Pietro, si buttò verso il varco, bloccando il passaggio perché entrambi rimasero incastrati. Io dall'interno cercavo di far rientrare uno perché l'altro potesse passare mentre contemporaneamente dall'esterno altri cercavano di liberarli. Dopo circa mezz'ora tutti potemmo essere salvati. 

Dopo 5 anni di duro lavoro, sommersi dalla polvere e dal carbone, un mio fratello di nome Mario è morto sul lavoro. Io in quel periodo stavo trascorrendo una lieve convalescenza per infortunio ma una volta guarito, nonostante tutto ciò ho proseguito a lavorare in miniera, perché altrimenti avrei dovuto tornare in Italia con delle buone probabilità di rimanere disoccupato. Dopo 12 lunghi anni successe la catastrofe di Marcinelle dove il grisù (miscuglio esplosivo di gas metano e aria che si sviluppa nelle miniere di carbone fossile) seppellì oltre 283 persone tra le quali 136 italiani . Da quel momento essendo ancora giovane cominciai a meditare, decisi di lasciare la miniera troppo pericolosa e allo stesso tempo troppo nociva per la salute, così rientrai in Italia.

Ecco un'altra testimonianza: " Per il lavoro in miniera bisognava essere dichiarati idonei da quattro medici che visitavano i futuri minatori. Una visita veniva effettuata a Vittorio Veneto, una a Treviso, una a Milano e una in territorio belga". Innocente Carlet , pensionato per invalidità dovuta alla silicosi contratta in miniera (ora è costretto a vivere con la bombola di ossigeno) e Carpenè Pietro e Bruno De Nardi così ricordano la triste vicenda accaduta a Marcinelle nel 1956.

"Il viaggio era finanziato dallo Stato italiano perché ad esso veniva ceduto dal Belgio il carbone. Subito dopo il nostro arrivo venivamo alloggiati negli ex lager nazisti; venivamo condotti nel luogo del lavoro e visitati dai medici: per fare tutto questo era sufficiente una mattinata e nel pomeriggio cominciavamo a lavorare. Il lavoro veniva svolto a 1350 m di profondità ad una temperatura di circa 42° C. Le gallerie avevano una dimensione pari a 2 m di altezza e 3 m di larghezza e il materiale veniva spostato su carrelli trainati dai cavalli; ogni cavallo trainava otto carrelli, ed era così ben addestrato che se gliene attaccavano uno in più si rifiutava di andare avanti. Il carbone veniva portato in superficie da un ascensore a quattro piani. Per scavare le gallerie usavamo la dinamite: attraverso il foro che praticavamo per inserire il candelotto di dinamite poteva uscire il gas (grisù) la cui presenza ci veniva segnalata dalla lampada a olio (se la fiamma si alzava il grisù era presente). Le porte frangi fiamme erano in legno perché dicevano che se ci fosse stata una frana le porte scricchiolando ci avrebbero avvertito del pericolo. Il giorno dell'incidente nella miniera c'erano 175 operai; due ore dopo la loro entrata c'è stata una fuga di gas che ha provocato un incendio nella parte bassa che poi è diventato di dimensioni maggiori quando ha raggiunto le infrastrutture che erano di legno. Tredici ne sono usciti vivi."

Marcinelle è un luogo che l’On. Mirko Tremaglia ha sempre regolarmente visitato per rendere onore ed omaggio alla Via Crucis dei nostri connazionali all’estero.Significativo ed apprezzabile, quindi, e' il fatto che nella sua prima uscita da Ministro per gli Italiani nel Mondo del nuovo governo, l’On. Tremaglia abbia deciso di recarsi in questo luogo, simbolo del calvario della nostra emigrazione, per ricordare i minatori caduti. Il prossimo 8 agosto visitera' il cimitero di Marcinelle assieme alle autorita' diplomatico-consolari e alle istituzioni rappresentative delle nostre collettivita': Comites, Cgie, associazioni di minatori, associazioni italiane e comitati vari. OLTRECONFINE, la rivista italiana pubblicata a Stoccarda da Bruno Zoratto, sottolinea che "Se vogliamo dare un primo giudizio politico a questa iniziativa, che e' aperta a tutti, non sbagliamo certo nell’affermare che il nuovo Ministro ha iniziato con il piede giusto, ha inizato bene, perche' chi non ricorda, non ha futuro. Il coordinamento europeo del CTIM* sara' presente con una sua delegazione in rappresentanza dei Comitati Tricolore della Germania, Belgio, Lussemburgo, Olanda, Francia, Svizzera, Gran Bretagna".

* Per informazioni rivolgersi al seguente numero telefonico: 0049 711 297117

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